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Elezioni e referendum, il governo polacco ci marcia

Elezioni e referendum, il governo polacco ci marciaMigranti bloccati dal muro polacco al confine con la Bielorussia – Ap

Il parlamento dà l’ok Il 15 ottobre si vota per le politiche e per quattro quesiti, uno anti-migranti. Protestano le opposizioni: «Un mezzo indecente per finanziare in modo illegale la campagna elettorale»

Pubblicato circa un anno faEdizione del 18 agosto 2023

Il referendum voluto dalla destra populista di Diritto e giustizia (Pis) si farà. Tutto procede secondo i piani del governo polacco a guida Pis, visto che i quattro quesiti verranno sottoposti agli elettori proprio nel giorno delle elezioni politiche previste il prossimo 15 ottobre, così come approvato ieri dal parlamento. Il ministro dell’Istruzione polacco Przemysław Czarnek (Pis) ha giustificato la scelta di andare alle urne lo stesso giorno «per minimizzare i costi». Tutte le operazioni di voto saranno infatti supervisionate da una sola commissione elettorale.

Per l’opposizione invece è evidente che il governo vuole agitare lo spauracchio dell’immigrazione per il proprio tornaconto elettorale: «Sostieni l’accoglienza di migliaia di immigrati clandestini dal Medio Oriente e dall’Africa secondo un meccanismo di ricollocamento forzoso voluto dalla burocrazia europea?», è il primo quesito attorno il quale il Pis ha accarezzato e poi costruito negli ultimi mesi l’idea di organizzare un referendum. Più o meno le stesse corde che il governo vuole toccare attraverso una delle altre questioni inserite nella consultazione: «Sostieni la rimozione della barriera al confine tra Polonia e Bielorussia?». Non meno capziosi suonano gli altri due quesiti: «Sostieni la vendita di proprietà statali a soggetti stranieri, conducendo alla perdita, da parte di polacchi e polacche, del controllo su settori economici strategici?» e infine «Sostieni l’innalzamento dell’età pensionabile con il ritorno a 67 anni per donne e uomini?». Tutti e quattro i quesiti sembrano suggerire scenari apocalittici, o quanto meno foschi, per il futuro del paese in caso di vittoria dell’opposizione.

È stato un vero e proprio show quello di Czarnek al Sejm, la camera bassa del parlamento, da cui si è potuto evincere che patriottismo, sentimento antitedesco e xenofobia saranno alcuni dei cavalli di battaglia su cui il suo partito intende puntare in campagna elettorale: «In Francia e in Belgio ci sono 30 stupri ogni 100 abitanti. In Polonia soltanto due. Secondo voi perché è così? Giù le mani dalle polacche». Czarnek ha anche aggiunto rivolgendosi all’opposizione: «Non vi lasceremo distruggere il paese più sicuro in Europa in nome di un’assurda politica tedesca».

Anche se la Commissione europea ha sottolineato ieri che «ogni decisione in materia di referendum appartiene agli Stati membri ed è soggetta al diritto nazionale», la sua portavoce, Anitta Hipper, interpellata sulla questione dalla radio polacca Rmf Fm, ha tuttavia tenuto a sottolineare che «il ricollocamento (dei migranti) non è obbligatorio e che i paesi Ue hanno piena libertà di scegliere quali misure di solidarietà adottare concretamente»

Per l’opposizione risulta evidente che il Pis non intende risparmiare sui costi organizzativi delle elezioni ma soltanto su quelli della propaganda politica utilizzando fondi pubblici: «Un mezzo invalido e indecente per finanziare in modo illegale la vostra campagna elettorale», è così che Marcin Kierwinski del centrodestra di Piattaforma civica (Po) ha definito a nome del suo partito l’iniziativa durante il dibattito parlamentare. Anche per la deputata di Sinistra Insieme (Lewica Razem), Magdalena Biejat, il referendum non sarebbe altro che un «mezzo per aggirare il finanziamento della campagna di voto».

Intanto si registrano alcuni timidi segnali di coesione tra le forze all’opposizione. Anche se i ruralisti democristiani del Partito Popolare Polacco (Psl) e Polonia 2050 del giornalista Szymon Hołownia non correranno insieme agli altri partiti, almeno le diverse anime dell’opposizione hanno annunciato ieri di aver trovato un accordo sulla ripartizione dei seggi al Senat, la camera alta del parlamento, in almeno un centinaio di circoscrizioni.

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