Alle elezioni polacche qualche scossa, ma solo d’assestamento. È quanto sembrerebbe raccontare il voto di domenica scorsa, in cui i cittadini della repubblica centroeuropea hanno scelto i propri rappresentanti a livello municipale e regionale, a soli sei mesi dalle parlamentari di ottobre che avevano visto la vittoria per certi versi “storica” del liberale ed europeista Donald Tusk (Piattaforma Civica, Po) contro il conservatore ed euroscettico Mateusz Morawiecki (Diritto e Giustizia, Pis). Ed è Tusk a commentare su X in modo secco i risultati soddisfacenti, ma non eclatanti: «Basta lamentarsi, al lavoro!».

Tira acqua al proprio mulino Jarosław Kaczynski, leader del Pis e già vicepresidente del consiglio dei ministri: «La notizia della mia morte è fortemente esagerata», ha dichiarato citando Mark Twain e sottolineando come il suo partito risulti ancora il primo nel paese.

SECONDO GLI EXIT POLL di Ipsos il Pis ha infatti ottenuto il 33,7% dei voti contro il 31,9% di Po, seguiti dal 13,5% di Terza Via (coalizione di orientamento centrista), dal 7,5% di Confederazione (estrema destra) e dal 6,8% di Lewica (sinistra alleata con Tusk alle parlamentari, ma da sola al voto locale). Il cattolicesimo conservatore di Kaczynski, insomma, parrebbe continuare ad attrarre la maggioranza assoluta dei polacchi – garantendosi tra l’altro il controllo delle regioni orientali ai confini con Ucraina e Bielorussia con vette di consenso del 49,6% nella Precarpazia.

Tuttavia, se si osservano i dati in prospettiva, è difficile non vedere anche una tendenza di declino per il suo partito: oltre alla sconfitta di ottobre (in cui comunque Tusk è riuscito a prevalere grazie all’alleanza con altri partiti come Terza Via nella Coalizione Civica, Ko), le percentuali di approvazione per il Pis sono lievemente calate rispetto alle ultime elezioni locali del 2018 (allora prese il 34,1%) e almeno dieci regioni su sedici dovrebbero andare alla forza di governo; in più, si aggiungono pesanti sconfitte nelle principali città come a Varsavia (dove il candidato della Ko Rafał Trzaskowski è stato riconfermato con quasi il 60%, guadagnandosi l’appellativo di “eroe del giorno” da parte di Tusk) e a Danzica (Aleksandra Dulkiewicz della Ko resta sindaca ottenendo oltre il 60%).

«IL PIS CONFERMA la sua scarsa capacità e propensione a formare alleanze», spiega al manifesto Daniele Stasi, professore alle Università di Foggia e Zielona Góra, studioso del nazionalismo polacco (suo il recente Polonia restituita per Il Mulino): «Kaczynski continua a essere il padre-padrone del partito e mantiene il suo profilo da politico abile ma dalle parti di Ko si assiste all’avanzare di una nuova classe dirigente più giovane, che trova diverse vittorie a livello cittadino e che probabilmente punta alle prossime presidenziali (penso soprattutto a Trzaskowski). Complessivamente, nessuno dei duellanti è riuscito a prevalere sull’altro e fra l’elettorato ha dominato la stanchezza».

L’AFFLUENZA È STATA infatti molto bassa (attorno al 51% degli aventi diritto, in netto contrasto con il 72% delle parlamentari di ottobre e in flessione rispetto al 55% delle ultime elezioni locali). Soprattutto si è verificato un crollo nella partecipazione alle urne della fascia di popolazione fra i 18 e i 19 anni (dal 70,9% di sei mesi fa al 38,6% di domenica), dato che – ipotizza un editoriale su Krytyka Politycna – potrebbe aver influito assieme ad altri sulla prova non così esaltante delle forze di sinistra. In generale, sarà importante capire come hanno votato alcuni segmenti chiave dell’elettorato come quello femminile (si pensi anche alla liberalizzazione del diritto d’aborto, proposta centrale della compagine governativa la cui discussione in parlamento è stata però rimandata).

«Credo che da qui in avanti il Pis punterà sui temi di guerra, immigrazione e sovranismo», conclude Stasi. «Occorre guardare anche alle elezioni in Slovacchia e alla vittoria del nazional-populista Pellegrini. Di fatto nell’area di Visegrád, al netto di diverse posture nei confronti della Russia di Putin, continuano a scontrarsi due diverse visioni di governo e di relazioni con il Vecchio Continente: filoeuropeismo liberale ed euroscetticismo autoritario».