Pnrr, sul piatto della terza rata anche la ratifica del Mes
Economia

Pnrr, sul piatto della terza rata anche la ratifica del Mes

Il pressing di Bruxelles All’Eurogruppo sarà avanzata la richiesta all’Italia, che non vuole cedere
Pubblicato più di un anno faEdizione del 27 aprile 2023

Sarà un caso se proprio mentre si avvicina il momento della verità per la terza rata del Recovery, in sospeso già da due mesi, Bruxelles fa partire una bordata anonima ma ben chiara sul Mes? Domani nella riunione dell’Eurogruppo, il consesso dei ministri delle Finanze, il nodo della mancata ratifica del Mes «è qualcosa che verrà chiesto al ministro italiano». Perché «ora più che mai è fondamentale garantire la potenza di fuoco delle nostre istituzioni» e il no dell’Italia «blocca qualsiasi ulteriore discussione». Impedisce di aumentare quella «potenza di fuoco».

Sulla carta i problemi del Pnrr, che sono parecchi, con il Mes non hanno nulla a che spartire. Ma è un fatto che dalla sospirata informativa di ieri alle Camere del ministro Fitto sullo stato del Piano, nonostante le rassicurazioni, emerga quanto bisogno ha l’Italia di trovarsi alle prese con un’Europa molto ben disposta. Fitto ha parlato prima di tutto proprio della terza rata in sospeso, assicurando che «nelle prossime ore ci aspettiamo un superamento delle criticità».

Il problema degli stadi di Firenze e Venezia è stato risolto, depennandoli. Quello delle concessioni portuali è stato affrontato con le nuove linee guida, che per la verità glissano su un punto non secondario segnalato da Bruxelles: la durata delle concessioni stesse. Resta il no della Commissione sui bandi per il teleriscaldameno ma «nelle prossime ore una soluzione si dovrà trovare».

È facile che la si trovi davvero, ma il guaio è che i problemi che hanno portato al congelamento di questa rata sono destinati a riproporsi di continuo, senza adeguati interventi. Cioè senza una rimodulazione che va affrontata subito, in anticipo, per quanto riguarda i 27 obiettivi in scadenza il 30 giugno, ma anche per tutte le altre scadenze. In questo caso però con più tempo a disposizione, entro il 31 agosto.

Non è responsabilità del governo se alcuni obiettivi, a partire da quelli di giugno, sono fuori portata, dice Fitto. Che porta all’attenzione del Parlamento tre esempi, e così chiarisce anche quali tra gli obiettivi di giugno sono irrealizzabili (sempre che non ce ne siano altri). Il primo riguarda gli asili nido, roba da 4,5 miliardi, ma quei bandi sono competenza dei comuni.

Il secondo sono i distributori d’idrogeno per il trasporto stradale e non è certo colpa dell’esecutivo se «sono arrivate meno domande rispetto alla disponibilità finanziaria». Infine il potenziamento di Cinecittà che, «senza una revisione complessiva», non arriverà in tempo.

Per capire quanti sono i progetti nelle stesse condizioni, o almeno per averne un’idea approssimativa, bisognerà aspettare la relazione semestrale sul Piano, che deve per forza essere pronta entro maggio e Fitto la promette dettagliata. Ma si capisce al volo che sono parecchi. Non che il governo intenda mollarli: si tratta solo di «rivedere gli obiettivi intermedi per raggiungere quelli finali». Senza rinunciare a nulla quanto a investimenti e dunque a fondi europei.

Qui però la relazione del ministro si fa confusa: appare abbastanza evidente che anche ad alcuni obiettivi finali toccherà rinunciare e l’unica, per non gettare la spugna anche sui finanziamenti, è quel sistema integrato tra Pnrr, Coesione e Fondi di coesione e sviluppo, nonché RePowerEu, su cui punta il governo. È una strategia che va messa a punto con i comuni e gli enti attuatori, che devono prendersi una responsabilità chiara, ufficiale e definitiva. Poi con il parlamento, che Fitto giura di voler coinvolgere più di come non si potrebbe. Infine con la Commissione, a cui spetta l’ultima parola.

Ed è qui che i due tavoli distinti, quello del Pnrr e quello del Mes, rischiano di diventare uno solo. Perché la disposizione positiva di Bruxelles dipende da molte cose: la ratifica della riforma del Mes è tra le prime in lista. Ma il governo fa sapere di voler tenere duro: «La nostra posizione non cambia».

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