Economia

Tagli lineari, un suicidio fuori discussione

Il ministro dell'Economia GiorgettiIl ministro dell'Economia Giorgetti – LaPresse

Legge di bilancio I tagli lineari nella manovra di bilancio sono la manifestazione plastica dell’incapacità del decisore di programmare. Il cinque per cento,tre miliardi, è una cifra enorme, che si rifletterà negativamente sui […]

Pubblicato circa 8 ore faEdizione del 20 ottobre 2024

I tagli lineari nella manovra di bilancio sono la manifestazione plastica dell’incapacità del decisore di programmare.

Il cinque per cento,tre miliardi, è una cifra enorme, che si rifletterà negativamente sui servizi (istruzione, difesa del territorio, mobilità, ordine pubblico, politiche per la famiglia, giovani, immigrazione).

Ai ministeri si aggiunge la sforbiciata, di un miliardo, agli enti territoriali (così i Comuni, impegnati nell’attuazione del Pnrr, avranno meno risorse per sostenere, dopo il 2026, gli investimenti realizzati).

Ma l’aspetto più rilevante è di natura qualitativa.

La spending review è un lavoro raffinato e, se si utilizza l’accetta, si colpisce la spesa buona e poco si incide su quella cattiva. Un esempio. Se una struttura amministrativa è ben gestita e utilizza in modo efficace ed efficiente le risorse un taglio lineare, anche minimo, può comprometterne il funzionamento. Di contro un vecchio programma inefficiente, che va avanti per inerzia, non teme decurtazioni, anche consistenti.

Il pregiudizio verso la pubblica amministrazione è tipico dei tagliatori lineari. Come se gli uffici pubblici fossero inutili. E questo è un grave errore. Non solo in un pronto soccorso, ma anche nelle scuole e nei ministeri ci sono molte migliaia di persone (spesso poco remunerate) che mandano avanti, quotidianamente, una macchina complessa, che fornisce servizi alla comunità, con forte intensità multifattoriale. Servizi in genere utili, spesso indispensabili.

Taglio lineare significa quindi riduzione dei servizi pubblici. Non ci si nasconda dietro un dito. Servizi che sono sottodimensionati, e andrebbero potenziati. La stessa sanità, che otterrebbe 3,5 miliardi, recupera solo parzialmente l’inflazione accumulata. Per non parlare delle coperture, un mix di deficit e una tantum.

L’azione di razionalizzazione che, come effetto indiretto, può recare una riduzione di spesa (mentre quello principale dovrebbe essere il miglioramento della qualità) non si realizza con la manovra di bilancio, bensì con un lavoro costante e raffinato nel corso dell’anno, senza soluzione di continuità.

Ciascun ufficio dovrebbe avere a sua disposizione, senza lacci e lacciuoli, risorse umane, finanziarie e strumentali per perseguire obiettivi chiari e misurabili con adeguati indicatori. In questo processo l’impiego di buone pratiche, di nuove tecnologie e l’interazione con i destinatari degli interventi migliora l’output e riduce i costi. Idee non nuove, ma ancora attuali.

Anni fa avevo provato a spiegare questo concetto insieme a Paolo de Ioanna (Economia pubblica n.1 del 2015) a partire da titolo che, non a caso, era «L’orologiaio e il tagliaboschi».

In un processo «motorizzato», come quello di bilancio, i Regolamenti parlamentari dovrebbero vietare di costruire la manovra con tagli lineari (e coprire con interventi estemporanei misure strutturali).

Purtroppo, le regole poste a presidio della costruzione del bene pubblico bilancio sono da molti anni travolte da una prassi incostituzionale, che esautora il parlamento (come anche la Consulta ha recentemente sottolineato).

Un diritto provvisorio che impedisce una seria discussione di merito, basato su maxiemendamento e fiducia, che anche quest’anno si profila all’orizzonte. Per l’opposizione sarebbe un grande merito denunciare questo stato di cose e rivendicare il ripristino di strumentario normativo conforme alla Costituzione.

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