Il governo riferirà in aula sullo stato del Pnrr, come richiesto dalle opposizioni. «Non vi è alcuna difficoltà a farlo anzi, la consideriamo un’opportunità», spiega il ministro Fitto confermando così la sterzata dialogante già palesata con l’emendamento del governo sull’accelerazione degli impianti per le rinnovabili a cui tiene il M5S. Il ministro dovrebbe essere la prossima settimana al Senato, per esporre la sua strategia. Entro il 20 aprile dovrebbero arrivare i report dei ministeri su tutte le opere a rischio. A quel punto il governo cercherà di ricontrattare il Piano con la Ue, puntando su una maggiore disponibilità della Commissione dovuta anche all’esigenza di potenziare i progetti legati alla transizione ecologica. L’ipotesi di Fitto e Meloni sarebbe abbandonare i progetti di fatto irrealizzabili ma, per non perdere i fondi del Recovery, ricomprendere nel Pnrr progetti oggi in quota RePowerEu o Coesione. Alcuni dei progetti irrealizzabili entro il 2026 passerebbero invece alla Coesione, per conquistare tre anni di tempo in più. È una strategia concreta e non impraticabile. Al momento però le difficoltà non sembrano correre verso la risoluzione.

SUI TAVOLI DI chiunque si occupi di politica ieri mattina campeggiava la bozza del decreto sulle assunzioni nella Pubblica amministrazione che il governo avrebbe dovuto varare domani. Non è un testo direttamente collegato al Piano ma è lo stesso la carta su cui punta il ministro dell’Economia, convinto che l’imbuto del Pnrr sia proprio l’inadeguatezza della Pa. Il decreto, oltre a istituire un Osservatorio per monitorare il funzionamento della riforma della Pa, prevedeva nella bozza originale 3mila assunzioni tra i vari ministeri, la stabilizzazione dei precari che lavorano da almeno tre anni nelle Regioni e negli enti locali per rafforzare le amministrazioni, la facoltà di riassumere per 2 anni i pensionati e di congelare i pensionamenti dei dirigenti. Palazzo Chigi però ha bloccato tutto, derubricando in un comunicato la bozza in circolazione a una «mera sommatoria delle proposte dei diversi ministeri», il che trattandosi di un dettagliato decreto in 30 articoli è risibile. La nota informa comunque che è in corso una «verifica di fattibilità» dopo la quale «numeri e impatto risulteranno fortemente ridimensionati». Traduzione: i soldi per l’esercito di riserva sognato da Giorgetti non ci sono.

Matteo Salvini
Il mio obiettivo è spendere tutti i fondi bene. Abbiamo ereditato ritardi e progetti non allineati come gli stadi. Se c’è da rimodulare lo faremo
IERI MATTINA, POI, Fitto ha incontrati Nardella e Brugnaro, sindaci di Firenze e Venezia, dunque pietra dello scandalo perché proprio lo stadio di Firenze e il Bosco sportivo veneziano sono i progetti bocciati dalla Commissione, che anche per questo tiene bloccata dal 28 febbraio la terza rata del Recovery. Hanno deciso di provare ad andare avanti. Sperano di convincere la Commissione presentando «elementi utili a superare le criticità riscontrate e consentire gli interventi previsti». Essendo i rilievi di Bruxelles radicali, in quanto gli impianti sportivi non rispondono alla esigenza basilare della riqualificazione urbana, difficilmente le criticità saranno superate. Il governo ne è consapevole ma, dal momento che la Commissione non ha chiuso tutte le porte vuole almeno tentare un’altra volta. Gli altri due rilievi mossi da Bruxelles, le concessioni degli impianti portuali e la governance del Piano, dovrebbero invece essere oggetto di emendamenti, previsti per oggi, al decreto che ristagna da un mese in commissione. La nuova data per l’approdo in aula, inizialmente fissato per ieri, è il 12 aprile. La Camera si limiterà poi a controfirmare ma bisognerà correre per farcela entro il 25 aprile.

E I DUBBI DELLA LEGA, che tra i guai del Pnrr sono il più fragoroso se non il più grave? Salvini ieri ha corretto il suo capogruppo alla Camera Molinari, secondo cui si potrebbe rinunciare a una parte dei fondi a debito del NextGenerationEu. Macché: «Il mio obiettivo è spendere tutti i fondi bene. Abbiamo ereditato ritardi e progetti non allineati come gli stadi. Se c’è da rimodulare lo faremo». L’idea di «rimodulazione» del ministro delle Infrastrutture per la verità è piuttosto radicale: via quattro tratte ferroviarie che potrebbero forse arrivare a compimento nel 2029, inserite nella Coesione. Riconversione dei fondi sul trasporto locale e intercity, come esige la base del Carroccio nel nord. Ridiscussione dei progetti per il sud, che tanto neppure sono partiti. Congelamento dei cantieri per gli asili nido e in compenso massicci investimenti intorno al Po. Insomma, più che un Piano nazionale un Piano padano.