Europa

Più sicurezza che accoglienza, i ministri dell’Interno Ue sull’emergenza profughi

Più sicurezza che accoglienza, i ministri dell’Interno Ue sull’emergenza profughi

Oggi vertice a Bruxelles. L'Onu: «Potrebbero arrivarne 500 mila» Pronto il piano del Viminale per i nuclei familiari ma manca la copertura finanziaria

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 31 agosto 2021

Secondo le Nazioni unite la crisi afghana potrebbe far arrivare nei prossimi mesi in Europa mezzo milione di profughi in più. Un numero che preoccupa Bruxelles, dove oggi i ministri dell’Interno dei 27 si vedranno per un vertice straordinario al quale prenderanno parte anche il vicepresidente della Commissione Ue Margaritis Schinas e la commissaria agli Affari Interni Ylva Johansson. Sulla carta si dovrà discutere di sicurezza e di come gestire l’accoglienza di chi fugge dal paese asiatico, ma si sa già che sarà il primo punto a tenere banco. Tanto che già nella bozza girata ieri di quello che sarà il documento finale del vertice si legge come, preoccupati per i rischi legati al terrorismo, gli Stati membri si impegnano a «fare il massimo per garantire che la situazione in Afghanistan non porti a dei nuovi rischi per la sicurezza per i cittadini Ue».

Una necessità sottolineata nei giorni scorsi dalla stessa Johansson che per l’occasione ha rispolverato una vecchia proposta della Commissione che prevedeva lo screening e la registrazione obbligatoria per chi arriva in Europa facendo ricorso anche a Eurodac, il database sulle migrazioni che contiene anche le impronte digitali. «Abbiamo gli strumenti, ma dobbiamo assicurarci che tutti gli Stati membri accettino di utilizzarli allo stesso modo», aveva spiegato la commissaria.

Decisamente più complicato per i ministri sarà affrontare la questione dell’accoglienza (l’Italia tra l’altro vorrebbe anche discutere delle gestione di coloro che arrivano dal Mediterraneo, motivo per cui inizialmente era stato convocato il vertice di oggi). Non si parla, ovviamente, di quanti sono arrivati in Europa grazie al ponte aereo, ma di coloro che potrebbero arrivare nelle prossime settimane o mesi attraverso l’apertura di corridoi umanitari, ammesso che i talebani lo permettano. Francesco Grandi, Alto commissario Onu per i rifugiati, ieri ha lanciato l’allarme sullo scenario che potrebbe presentarsi: «Sta per cominciare una crisi umanitaria ben più pesante», ha avvertito. «Il ponte aereo finirà e la tragedia non sarà più visibile – ha proseguito Grandi -. Ma rimarrà una realtà quotidiana per milioni di afghani. Non dobbiamo voltare il capo dall’altra parte. Una tragedia ben più grave sta per cominciare».

Al momento, stando sempre a quanto trapelato dal documento finale del summit, a Bruxelles si preferirebbe non fare cifre su quanti profughi l’Ue potrebbe accogliere in attesa di vedere quanti ne prenderanno gli altri Stati. Una preoccupazione generata anche dal solito – e per ora infondato – timore di creare un fattore di attrazione per i rifugiati. L’intenzione è comunque quella, già dichiarata, di aiutare i paesi confinanti con l’Afghanistan convincendoli a trattenere i rifugiati nei proprio confini. Insomma il modello Turchia che tanto piace a paesi come Austria, Ungheria e Slovenia che hanno già detto di non essere disponibili all’accoglienza. Nel frattempo la Commissione ha stanziato 300 milioni di euro per il reinserimento di 30 mila rifugiati nel 2022, «non solo afghani» ha specificato un portavoce.

In Italia intanto si lavora per l’accoglienza dei 5.000 afghani, tra collaboratori e familiari, arrivati nei giorni scorsi. Il Viminale ha già pronto il provvedimento che consente l’ampliamento dei posti nel Sai, il Sistema di accoglienza e integrazione (ne servirebbero almeno altri 3.000) ma manca ancora la copertura finanziaria. Per l’attuazione del piano serve comunque ancora tempo, quindi è possibile che alcune persone finiscano alloggiate nei Centri di accoglienza straordinaria (Cas) insieme ai migranti arrivati via mare.

Per il resto il ministero conta di sulla collaborazione del Terzo settore che si è offerto di ospitare nuclei familiari. Si tratta di realtà più che sperimentate – dalla Caritas all’Arci, dalla Comunità di Sant’Egidio alla Cgil – con una forte capacità organizzativa. Infine ci sono i privati cittadini. In molti hanno scritto ai sindaci, ai prefetti e al Viminale offrendosi di ospitare dei profughi. Al di là della generosità del gesto, si tratta di persone che però vanno controllate accuratamente prima di affidare loro una famiglia.

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