Più armi e sanzioni, Biden indica la strada agli alleati
Video-incontro con la Casa bianca Al centro del Quint il sostegno all’Ucraina «con tutti i mezzi possibili» e l’integrità territoriale: non solo Donbass ma anche Crimea. Gli europei stanno preparando un sesto pacchetto contro Mosca. Sul tavolo ora c’è l’embargo al petrolio
Video-incontro con la Casa bianca Al centro del Quint il sostegno all’Ucraina «con tutti i mezzi possibili» e l’integrità territoriale: non solo Donbass ma anche Crimea. Gli europei stanno preparando un sesto pacchetto contro Mosca. Sul tavolo ora c’è l’embargo al petrolio
Quint allargato via video, ieri pomeriggio, su invito di Joe Biden, per discutere con i presidenti di Commissione e Consiglio europeo, con il segretario della Nato e i dirigenti di Germania, Francia, Italia, Gran Bretagna, Polonia, Romania e Canada. Si è parlato delle «garanzie di sicurezza» per l’Ucraina, da parte del Consiglio di sicurezza dell’Onu, ma anche, su richiesta di Kyiv, di Turchia, Germania e Italia (un primo negoziato difficile sarà ottenere l’impegno della Russia e poi della Cina).
Sono garanzie di sostegno «con tutti i mezzi possibili», che si inseriscono in uno schema d’insieme, che riguardano l’integrità territoriale dell’Ucraina – di tutto il territorio, non solo Donbass ma anche Crimea – e le modalità della neutralità di Kyiv dopo un cessate il fuoco: una strada per evitare «di ricadere nelle difficoltà di Minsk», precisa l’Eliseo. Queste «garanzie», nella lettura degli occidentali, potrebbero avvicinarsi alla clausola di mutua assistenza che esiste nei Trattati Ue (art.42.7), che non è la stessa cosa dell’articolo 5 della Nato.
Nella videochiamata durata poco più di un’ora il presidente americano ha anche insistito sulla necessità che tutti gli alleati continuino a fornire armi per affrontare l’offensiva dei russi nell’est. Gli Usa lo stanno facendo a una velocità «senza precedenti», ha assicurato un alto funzionario del Pentagono alla Cnn.
Nell’immediato gli ha risposto il primo ministro olandese, Mark Rutte, che ha parlato con Volodymyr Zelenski e ha promesso di inviare «armamenti più pesanti all’Ucraina, come veicoli blindati», una decisione, spiega, presa «in collaborazione con gli alleati». Altri seguiranno.
L’Ucraina ha presentato domanda di adesione alla Ue e otto paesi (Repubblica ceca, i 3 Baltici, Bulgaria, Polonia, Slovenia, Slovacchia) chiedono di accelerare, mentre un terzo dei membri è più “riservato”.
Gli europei stanno preparando un sesto pacchetto di sanzioni. Sul tavolo ora c’è l’embargo al petrolio, che era stato messo da parte nell’ultima lista, limitata al carbone. Inoltre, in discussione è anche l’allargamento delle sanzioni a nuove banche, in particolare la potente Sberbank, che pesa per il 37% del settore in Russia, e anche di Alpha Bank, entrambe già sotto sanzioni Usa.
Gli europei si danno da fare per accelerare l’uscita dalla dipendenza dal gas russo, anche se la questione dell’embargo non è ancora d’attualità. L’8 marzo scorso, Bruxelles ha approvato RepowerEu, che prevede la riduzione di due terzi delle importazioni di gas dalla Russia entro fine anno. Ieri, la Danimarca ha comunicato il piano per mettere fine alla dipendenza dal gas russo. La Ue deve sostituire 155 miliardi di metri cubi di gas russo, l’equivalente del 40% dei consumi dell’Unione.
Vari paesi, a cominciare dall’Italia, sono alla ricerca di altri fornitori, Algeria, Qatar. Ma il primo esportatore nella Ue sono ormai gli Usa, i due terzi dell’export di Gnl sono ormai verso il vecchio continente e il gas liquido è diventato ultimamente la prima fonte di gas in Europa. Biden ha promesso 50 miliardi di metri cubi di Gnl in Europa, dove c’è il problema dei terminal. Ma gli investimenti in questo settore sono complessi, perché ci vuole una ventina d’anni per rientrare nelle spese mentre il forte movimento verso la necessità di diminuire drasticamente i consumi di energie fossili da un lato fa crescere l’opposizione nelle opinioni pubbliche e anche in certi governi, mentre dall’altro fa fuggire gli investitori.
A breve, al centro delle discussioni nella Ue ci sarà l’embargo sul petrolio. Ieri, il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, ha affermato che «la realtà della situazione in Ucraina fa muovere le linee, quando si vede cosa succede in Donbass più che mai è necessario fermare l’import di petrolio dalla Russia, è quello che stiamo preparando, cerchiamo di convincere i partner europei». Per Le Maire, la Ue deve «smettere di finanziare la guerra di Putin, dobbiamo passare il Rubicone e se non ci siamo ancora è perché alcuni partner europei sono ancora esitanti». Le Maire non ha nominato nessun paese, ma ha sottolineato che «per anni la principale fonte di divise per Putin è stato il petrolio, non il gas».
Il primo ministro spagnolo, Pedro Sánchez, ha annunciato che «prossimamente» andrà a Kyiv, per segnare «l’impegno della Spagna a fianco dell’Ucraina». Emmanuel Macron è in piena elezione, con il ballottaggio domenica contro Marine Le Pen, ha dato la disponibilità ad andare a Kyiv «a condizione di portare qualcosa». Comunque, un viaggio non è previsto prima del voto di domenica.
La Ue deve fare i conti con la crisi economica, «l’onda sismica» che arriva dalla guerra in Ucraina: secondo il Fondo Monetario Internazionale, i paesi euro saranno i più colpiti. Soprattutto attraverso l’inflazione, che l’Fmi prevede al 12,6% quest’anno nella zona euro.
Anche le previsioni di crescita sono riviste al ribasso, a +2,8%, meno 1,1% rispetto alle previsioni di gennaio. Gli Usa, invece, patiscono meno: il pil calerà solo dello 0,3. L’Fmi mette in guardia le banche europee, molto esposte sul debito pubblico, che aumenta il rischio di perdite se le finanze pubbliche si deteriorano.
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