Un patto tra governo e parti sociali sul taglio del cuneo fiscale da finanziare con le risorse della prossima legge di bilancio al fine di ridurre il costo del lavoro. La proposta del segretario Pd Enrico Letta ieri a Rapallo, dov’è in corso il 51° convegno dei «Giovani di Confindustria», ha raccolto il consenso di Giuseppe Conte (5 Stelle) e di Matteo Salvini (Lega). Quest’ultimo ha rilanciato un classico della propaganda leghista: una «pace fiscale» che consisterebbe, come già avvenuto anche nel corso di questa legislatura, nel rinvio del pagamento delle cartelle esattoriali o in un condono tombale.

LA CONVERGENZA di alcune forze della maxi-maggioranza draghiana su una misura che può avere diverse applicazioni è stata accolta con soddisfazione dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi. Anche lui è autore di una proposta sul taglio del cuneo fiscale-contributivo da 16 miliardi di euro, per due terzi a lavoratori e per un terzo alle imprese. Porterebbe ai redditi fino a 35mila euro un beneficio di 1.223 euro. In pratica avrebbero una mensilità in più, finanziata in parte dai 38 miliardi di extra gettito fiscale 2022 indicati nel Def e in parte dalla rimodulazione dell’1,6% dei circa mille miliardi di spesa pubblica. «Se sono tutti sono d’accordo sul taglio del cuneo fiscale allora lunedì mi aspetto che questa cosa venga fatta» ha commentato Bonomi.

DI CERTO NON AVVERRÀ mai domani e sarà tutto da vedere quanti spiccioli saranno concessi dal presidente del Consiglio Draghi, e dal suo ministro dell’economia Daniele Franco. Da un anno i due hanno scelto una forma di austerità anticipata mentre in realtà si sta andando verso una stagflazione (crescita bassa e inflazione altissima) e si prospetta una recessione negli Stati Uniti. In questi mesi sono stati innumerevoli i «patti» annunciati, e poi mai nati. Stesso destino è stato riservato ai «tavoli» chiesti dai sindacati e mai realmente ottenuti, salvo convocazioni di cortesia. Ci sono state iniziative ornamentali come i 200 euro di bonus a luglio per oltre 30 milioni di italiani. Una pioggerella nel deserto dei bassi salari, della precarietà di massa, della desalarizzazione del lavoro dipendente, della bassa produttività. Caratteristiche di un paese che ha scelto da decenni un modello industriale che ora paga in modo sanguinoso.

C’È MODO E MODO per fare un «taglio del cuneo fiscale». Si può aumentare il potere d’acquisto dei lavoratori oppure diminuire il peso delle tasse e dei contributi a carico delle aziende affinché, si spera, aumentino i salari, cosa tutta da verificare. Questo è già avvenuto in modi diversi con gli «80 euro» di Renzi (ieri lo ha ricordato finendo per fare la solita zuffa noiosissima con Salvini e Conte per motivi elettorali). Anche il governo «Conte 2» ha dato taglietto al cuneo (circa 3 miliardi di euro nel 2020). «Deve essere almeno di dieci miliardi, sennò è una cosa ridicola» ha osservato ieri Salvini. E, anche in quel caso, sarebbe insufficiente. Senza contare che dovrebbe essere permanente e non un altro «bonus» come avviene in queste politiche dell’offerta, avulse da una visione strutturale. Quella che lo stesso Letta, spostatosi ieri a Modena, ha chiesto.

IN QUESTE SETTIMANE (e sabato scorso a Piazza del popolo a Roma) la Cgil ha chiesto una pluralità di interventi oltre il taglio del cuneo interamente a beneficio dei lavoratori dipendenti. Il segretario Landini ha chiesto un aumento di 200 euro in busta paga per tutti, e per sempre, da finanziare non a spese dello Stato ma a spese delle imprese. È chiaro che per una simile richiesta andrebbe fatto un ragionamento anche sugli investimenti e sulla produttività. E poi ci sarebbe il salario minimo orario lontanissimo dall’essere approvato. Per non parlare della riforma fiscale. Con il suo intervento sulle aliquote fiscali il governo ha favorito i redditi più alti, mentre l’80% dei lavoratori sta sotto i 30 mila euro. Un pasticcio reso inutile dalla fiammata inflazionistica che si è mangiata la mancia regalata ai redditi medio-alti. E così tra gli annunci, in questo afoso inizio estate, non si parla nemmeno di cancellare la precarietà di massa, o di tassare al 100% gli extraprofitti. Tutti dicono che siamo in emergenza. Ma fanno finta di nulla, in attesa di rosolarsi sul bagnasciuga.