Dopo mesi di rinvii, il Cda dell’Agenzia italiana del farmaco ha deciso: la pillola anticoncezionale sarà distribuita gratuitamente ma solo alle donne con meno di 26 anni e nei consultori. Non è un «no» alla gratuità dei contraccettivi ma ci assomiglia molto. Il Consiglio di amministrazione ha infatti ristretto la platea e, affidando la distribuzione ai consultori, ha innalzato un’ulteriore barriera all’accesso alla contraccezione gratuita. «È un boicottaggio per le ragazze del Sud ma anche per le giovanissime stesse, senza contare che le madri e le donne più grandi e più fragili vengono escluse dall’accesso alla maternità consapevole» denuncia l’attivista femminista e senatrice Pd Cecilia D’Elia. Facendo capire che la decisione esula dal campo strettamente medico-farmaceutico e investe la sfera politica.

Ufficialmente, la decisione è motivata da ragioni di sostenibilità economica. In realtà la copertura finanziaria è solo un pretesto. La Commissione Prezzi e Rimborso (Cpr) dell’Agenzia aveva già dato il via libera alla gratuità universale senza restrizioni. Ma il parere aveva generato ire scomposte nei gruppi di estrema destra. La distribuzione gratuita dei contraccettivi «va nella direzione opposta rispetto al problema della denatalità», aveva tuonato Massimo Gandolfini, leader del Family Day. Il Cda dell’agenzia, diretto da un salviniano doc come il virologo Giorgio Palù e composto da altri tre consiglieri maschi, non se l’era fatto dire due volte e nello scorso aprile aveva richiesto un supplemento di indagine per verificare la copertura economica.

Che i soldi per garantire la pillola gratuità fossero disponibili però era già noto. Lo dimostra la relazione che i tecnici avevano fornito al Cda alla fine del 2022, intitolata «Impiego clinico e spesa sanitaria relativi ai contraccettivi orali disponibili in commercio» che il manifesto ha potuto leggere. Il rapporto spiega che circa un milione e mezzo di donne – il 5% del totale – spende annualmente 271 milioni di euro di tasca propria per acquistare contraccettivi in farmacia. Ipotizzando di rimborsare solo il prezzo più basso per ogni tipologia di farmaco, e con un moderato sconto da parte delle aziende produttrici, secondo i tecnici bastano 149 milioni per coprire l’intera spesa attraverso il Servizio sanitario nazionale, come per altro prevede la legge sin dal 1975. Una spesa largamente sostenibile perché il rimborso dei farmaci acquistati in farmacia ogni anno produce un «tesoretto»: nel 2022, dallo stanziamento previsto a questo scopo dal governo sono avanzati ben 707 milioni rimasti inutilizzati. L’avanzo si ripeterà nel 2023, perché tra gennaio e maggio sono già stati risparmiati oltre 200 milioni. «Si ritiene opportuno – consigliava il rapporto – considerare l’ammissione alla rimborsabilità a carico del Ssn dei contraccettivi orali. Altresì, si ritiene indispensabile la disponibilità in classe di rimborsabilità di tutte o della maggioranza delle diverse categorie di contraccettivi orali, in modo da consentire la migliore scelta clinica per ogni singola donna».

Nonostante il parere tecnico, l’Agenzia del farmaco ha preferito fare da sponda al governo garantendo il diritto alla contraccezione solo a una fascia di età. Con questi paletti, la spesa per il Ssn dovrebbe limitarsi a 4-5 milioni di euro. Anche la scelta di distribuire la pillola attraverso i consultori va nella direzione di frenarne l’accesso. I consultori infatti sono in via di estinzione. Dai tremila del 1993 – quanti ne prevederebbe la legge – ne sono rimasti 1.800 secondo l’ultima rilevazione dell’Istituto superiore di sanità (2022) e rivolgersi a questo servizio è diventato sempre più difficile. Lo dimostrano anche le cifre sulla distribuzione degli anticoncezionali nelle regioni che offrono già i contraccettivi a titolo gratuito. I consultori della Toscana dal 2018 distribuiscono anticoncezionali gratuiti alle donne con meno di 26 anni o con un reddito basso. Tuttavia, attraverso questo canale accedono alla contraccezione solo 12 mila donne in tutta la regione: lo 0,6%. Anche in Puglia, Piemonte e Emilia-Romagna i contraccettivi sono gratuiti per questa fascia di età. Nonostante in queste quattro regioni viva oltre un quarto delle donne italiane, la quota di contraccettivi distribuiti attraverso il canale regionale gratuito rappresenta appena l’1,17% del mercato totale.