Cultura

Picasso, da odiare o amare?

Picasso, da odiare o amare?Picasso nella street art

Cancel culture Nel cinquantesimo anniversario della morte, l'artista di Malaga finisce nel mirino per i suoi (arcinoti) comportamenti misogini. E mentre il mondo si prepara a rendere omaggio alla sua arte rivoluzionaria, detrattori e detrattrici si scatenano. Con effetti imbarazzanti

Pubblicato più di un anno faEdizione del 12 aprile 2023

Mentre il mondo si prepara a ricordare Pablo Picasso, nell’anniversario che segna cinquant’anni dalla sua morte – con mostre a New York, Parigi, nella sua Spagna e in Italia – l’artista di Malaga sta vivendo il suo peggior momento storico, scontando la sua notissima cattiva reputazione (sessista, misogino e ora anche appropriatore culturale).

Per mettersi al riparo dalla valanga che si sarebbe abbattuta su di lui, già nel convegno dello scorso anno il Reina Sofia aveva dedicato l’ultima sessione ai «lavori sessuali nella storia» e alle Démoiselles d’Avignon in prospettiva femminista: nulla di nuovo perché la stessa Orlan aveva reinterpretato le sue muse piangenti come donne en colère, arrabbiate. L’artista si confrontava con il linguaggio del suo «collega», riconoscendolo e rinnegandolo.

IL CREATORE di Guernica è rotolato al centro di un dibattito così imbarazzante che ha costretto il New York Times a inventare un giochino: un doppio articolo che presenta due titoli I love him / I hate him e a seconda dell’opzione che si clicca si leggono le motivazioni per abbattere o osannare Picasso. A esprimere i suoi contrastanti sentimenti è la critica Deborah Solomon, adoratrice di quel pittore rivoluzionario e nondimeno scioccata dai suoi comportamenti.

L’OPERAZIONE CULTURALE finisce per richiamare i disclaimer messi a preludio dei film di Disney sulle rappresentazioni potenzialmente offensive delle minoranze (le stesse che poi la polizia, oltre lo schermo immaginario, non esita a massacrare anche solo con un ginocchio sul collo). Per la tranquillità dei posteri: non è necessario fornire complesse giustificazioni né arrampicarsi sugli specchi se si ama l’arte di Picasso e non l’uomo vizioso.

L’inglese Guardian, lo stesso quotidiano che nel giorno della sua scomparsa lo definì «l’artista più influente del XX secolo», ha invece affidato il verdetto a critici, collezionisti e curatori/trici, ospitandone le diverse opinioni (alcune lo crocifiggono). Il titolo dell’inchiesta è eloquente: «Notoriamente crudele: dovremmo cancellare Picasso?».

SE COLLEZIONISTI PENTITI o musei internazionali si ricrederanno sul pittore, bisognerà tener conto, qualora si pensasse a qualche rogo di purificazione, che Picasso in quella sua debosciata vita ha prodotto più di quindicimila dipinti, centomila stampe e una quantità impressionante di disegni e sculture. Serviranno gli alberi di intere foreste per accendere il titanico fuoco, alla faccia della salute del pianeta. E della meraviglia.

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