«Più l’orchestra logistica accelera i suoi flussi di merci, più aumenta il potere di interruzione degli stessi»: questo il fulcro dell’ultimo libro del progetto di ricerca collettivo Into the Black Box, Le frontiere del capitale. Come la nuova organizzazione logistica e il potere degli algoritmi hanno cambiato il mondo (Red Star Press, pp. 258, euro 22).

IN UN SUSSEGUIRSI (volontariamente disordinato) di scene e inquadrature, il libro si snoda lungo le due linee di ricerca che da ormai un decennio caratterizzano il lavoro accademico e politico di Into the Black Box. Da un lato la logistica, assunta non solo come oggetto d’indagine, ma anche come lente metodologica attraverso cui interrogare «città, produzione, fabbrica e cittadinanza» nelle loro trasformazioni e nei loro assemblaggi contemporanei. Spiazzata così la narrazione di una razionalità neutrale che organizza gli spazi lisci della circolazione capitalistica, la logistica diviene piuttosto una logica che produce, ricorrendo anche alla violenza, nuovi spazi e configurazioni di potere in competizione o collaborazione con quello statale. L’altra linea di ricerca, aperta già nel precedente Capitalismo 4.0. Genealogia della rivoluzione digitale (Meltemi, pp. 178, euro 16), mette a tema il capitalismo di piattaforma. A finire sotto la lente è la città come spazio logistico organizzato dalle piattaforme digitali. Attraverso l’estrazione di dati e la messa a lavoro delle attività informali, le piattaforme determinano relazioni sociali, politiche ed economiche. Si fanno, insomma, infrastrutture il cui soft power produce immaginari distopici su futuro, lavoro e società.

LA «CONRICERCA» di Into the Black Box coglie un doppio movimento: se il capitale sconvolge costantemente produzione e riproduzione, la lotta di classe mette continuamente in discussione queste nuove forme di dominio e sfruttamento. Qui troviamo il cuore politico dell’indagine, fatto di partecipazione attiva alle lotte dei lavoratori della logistica del Nord Italia e dei riders del food delivery. Logistica e piattaforme non esauriscono però la ricchezza dei contributi (più o meno recenti) raccolti nel libro, che toccano anche la storia globale, le geografie del capitalismo contemporaneo, i suoi rapporti di produzione e riproduzione, l’intreccio tra tecnologie digitali, lavoro e sfruttamento. Su questi temi, Into the Black Box rifugge risposte univoche, invitando le lettrici a un’operazione di montaggio e smontaggio delle ricerche, delle ipotesi, delle suggestioni raccolte nel volume. Nel presentare la propria ricerca in maniera scomposta e senza ricorrere ad una ricostruzione lineare, il collettivo lancia, sì, una sfida, ma allo stesso tempo presenta il proprio percorso nella sua interezza, valorizzandone le intuizioni (ad esempio, l’idea di contro-rivoluzione logistica), ma senza nascondere sovrapposizioni, criticità e assenze.

A SOVRAPPORSI, le analisi sulle lotte della produzione e circolazione; a mancare, quelle sulla riproduzione. Eppure il lavoro riproduttivo nel 4.0 cambia anche grazie a logistica e piattaforme, i due assi portanti della ricerca di Into the Black Box. In particolare, si intensifica e si estende riproducendo gerarchie di genere, razza e classe ben oltre i confini geografici e politici, facendo della riproduzione sociale terreno della lotta di classe transnazionale. Lo testimoniano le battaglie delle lavoratrici essenziali, perlopiù donne e migranti, durante la crisi pandemica. Si tratta di un tassello non indifferente, senza cui la «contro-logistica» rischia di ridursi a una scommessa sulla possibilità di un sindacalismo algoritmico e di piattaforma, ignorando le forme di rifiuto e interruzione del lavoro già praticate dai soggetti che il capitalismo di piattaforma investe sul piano della riproduzione sociale e societaria.

CIONONOSTANTE, quello della contro-logistica rimane un approccio molto prezioso che, con uno sguardo attento alle lotte della riproduzione, ha le potenzialità di parlare di lotta di classe al di fuori di ortodossie anacronistiche e incompatibili con la definizione stessa di capitalismo 4.0. Un approccio che permette al gruppo di ricercatori di affrontare i nodi dei loro studi non solo nelle loro implicazioni teoriche, ma attraverso la prassi politica