Se l’intelligenza artificiale firma le traduzioni
Express In Olanda l'AI trova i titoli dei romanzi. L'editore minimizza, ma all'orizzonte si profila
Express In Olanda l'AI trova i titoli dei romanzi. L'editore minimizza, ma all'orizzonte si profila
«Ich weiß es nicht. Ich triefe und horche». «Io non so. Grondo acqua e resto in ascolto», scriveva più di quarant’anni fa Hans Magnus Enzensberger nell’ultimo canto de La fine del Titanic. Anche noi non sappiamo (se la nave su cui ci troviamo sta davvero affondando, se ci saranno scialuppe di salvataggio per tutti), e anche solo restare in ascolto – provare a captare cosa ci succede intorno – si rivela ogni giorno un esercizio più difficile, e sgradevole. Ma fingere di essere in un mondo diverso dal nostro non funziona, a quanto pare, e quindi meglio non coprirsi le orecchie e gli occhi, e cercare di interpretare i segnali in arrivo.
Per chi lavora con i libri, per esempio, una delle novità più importanti degli ultimi giorni arriva dai Paesi Bassi: il maggior editore olandese, Veen Bosch & Keuning, ha annunciato che nei prossimi mesi utilizzerà l’intelligenza artificiale per la traduzione in inglese di alcuni suoi titoli. In prima battuta la notizia è stata data dal periodico specializzato britannico The Bookseller in termini più o meno rassicuranti: un portavoce della casa editrice – scrive l’autrice dell’articolo, Matilda Battersby – ha spiegato che si tratta di un esperimento limitato, condotto con alcuni autori olandesi che hanno dato il permesso di far tradurre i loro libri alla macchina. Comunque, sottolinea l’anonimo portavoce, è prevista una successiva fase di editing non «artificiale» – e insomma, «tutto comincia e finisce con l’azione umana».
Non solo: riprendendo il caso sul Guardian, Ella Creamer ha interpellato Vanessa van Hofwegen, direttrice commerciale di VBK, molto determinata a mettere in luce gli aspetti «tranquillizzanti» dell’iniziativa. Il progetto, infatti, conterebbe in tutto meno di dieci titoli, per nessuno dei quali sono stati venduti i diritti inglesi (né si prevede che lo saranno in futuro). Senza contare, ha dichiarato van Hofwegen, che «è tutta narrativa commerciale, senza pretese letterarie». Un’osservazione, questa, cui ha subito ribattuto, irritatissima, Michele Hutchison, che per la sua traduzione de Il disagio della sera di Lucas Rijneveld ha vinto insieme all’autore il premio internazionale Booker 2020: «Si presume che questi libri siano puramente formulaici e che non contengano elementi creativi, il che è piuttosto offensivo per i loro autori e per i loro lettori».
Ma al di là di queste divergenze di opinione, siamo certi che il ‘piccolo’ esperimento olandese non sia l’avvio di un’operazione molto più ampia? Diversi elementi possono farlo pensare: prima di tutto, come mette in rilievo Seyma Albarino su Slator, VBK è stata acquisita lo scorso maggio da uno dei giganti dell’editoria mondiale, Simon & Schuster, che a sua volta (dopo la mancata acquisizione da parte di Penguin Random House, bocciata dall’antitrust statunitense) era stato comprato nell’ottobre 2023 dal multimiliardario fondo di investimento KKR (Kohlberg Kravis Roberts), esplicitamente intenzionato «a sostenere la crescita del gruppo editoriale sui principali mercati internazionali».
D’altro canto, ancora Albarino cita uno studio recentissimo condotto dal Natural Language Learning and Generation Lab e dalla University of Aberdeen, che conferma come la traduzione letteraria rimanga «un campo esclusivo dei traduttori umani», ma attesta anche il progressivo aumento nella qualità delle traduzioni «firmate» dall’intelligenza artificiale. Non a caso la traduttrice B.J. Woodstein ha dichiarato alla giornalista di avere già ricevuto, come altri colleghi, richieste da parte di case editrici per ripulire i testi tradotti da macchine, per un compenso molto più basso del solito.
Tutto comincia e finisce con l’azione umana, certo. Ma qual è il prezzo?
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