Peseshkian tra due fuochi tira il freno. Ma non basta
Iran Il nuovo governo moderato in attesa della conferma del parlamento, a maggioranza conservatrice. Il presidente chiama l’uomo dell’accordo nucleare del 2015 agli esteri, agli interni un generale ex pasdaran. Zarif, la colomba apprezzata all’estero, si è già dimesso, e non è un buon segno
Iran Il nuovo governo moderato in attesa della conferma del parlamento, a maggioranza conservatrice. Il presidente chiama l’uomo dell’accordo nucleare del 2015 agli esteri, agli interni un generale ex pasdaran. Zarif, la colomba apprezzata all’estero, si è già dimesso, e non è un buon segno
La Repubblica islamica continua a rivendicare il suo diritto a una adeguata risposta contro Israele per l’assassinio del leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, a Teheran. Nel frattempo, il presidente Massud Peseshkian presenta il suo governo all’approvazione di un parlamento dominato dai conservatori. Alcuni analisti iraniani sostengono che Peseshkian sia riuscito a convincere la Guida suprema, Ali Khamenei, a sospendere la «Vendetta di Sangue» promessa all’indomani dell’uccisione di Haniyeh.
Non è chiaro quanto durerà: i servizi di intelligence israeliani e statunitensi sono convinti che un attacco iraniano sia imminente. Il segretario alla difesa degli Stati uniti, Lloyd Austin, ha ordinato al sottomarino lanciamissili USS Georgia di dirigersi verso il Medio Oriente e alla portaerei Abraham Lincoln di accelerare il suo arrivo nella regione.
IN UNA DICHIARAZIONE congiunta Francia, Germania e Regno unito invitano l’Iran ad «astenersi da attacchi che potrebbero aggravare ulteriormente le tensioni regionali e compromettere l’opportunità di concordare un cessate il fuoco» a Gaza. Il documento omette di menzionare l’assassinio di Haniyeh nel cuore della capitale iraniana e la possibilità che le provocazioni israeliane possano ripetersi nel caso in cui Teheran non reagisca. Il documento ammonisce l’Iran e i suoi alleati, affermando che «saranno responsabili delle azioni che mettono a repentaglio questa opportunità di pace e stabilità», deresponsabilizzando di fatto Israele.
La crisi internazionale non è l’unica preoccupazione del presidente iraniano. Peseshkian deve completare la formazione del suo governo, un processo già segnato da notevoli ostacoli. La lista dei 19 ministri proposti al parlamento riflette un delicato compromesso per soddisfare le diverse fazioni del potere. Ma non tutti sono contenti: l’ex ministro moderato degli esteri, Javad Zarif, nominato vice presidente per gli affari strategici, ha annunciato le sue dimissioni.
Zarif era stato anche incaricato di guidare il comitato di consultazione, un organismo istituito per ricercare e proporre candidati ministeriali. Il comitato, novità assoluta nella politica iraniana, era stato concepito per dimostrare all’opinione pubblica che Peseshkian intendeva mantenere la promessa elettorale di avvalersi di esperti per affrontare questioni critiche.
Nella sua lettera pubblicata su X, Zarif ha rivelato che solo tre delle prime scelte raccomandate dal comitato sono state considerate, mentre dieci dei ministri proposti non erano affatto presenti nella lista del comitato. «Non sono soddisfatto del risultato del mio lavoro e mi vergogno di non essere riuscito a ottenere l’approvazione degli esperti suggeriti dal comitato e l’inclusione di donne, giovani e gruppi etnici, come avevo promesso», ha scritto Zarif nel suo post.
SEMBRA CHE la rottura sia stata principalmente causata dall’assegnazione di otto ministeri ai conservatori. Seyda Ismail Khatib, già ministro dell’intelligence nel precedente governo conservatore, sorprendentemente rimane al suo posto nonostante i recenti fallimenti dei servizi di sicurezza. Eskandar Momeni, generale di brigata che è stato membro del Corpo delle Guardie rivoluzionarie e consigliere nel precedente governo, è stato nominato agli interni.
La nomina di un militare, soprattutto dopo la pesante repressione durante la ribellione popolare del 2022 e il fermo dei disobbedienti al copricapo islamico per mano di vari organi di sicurezza diretti dal ministero degli interni, sembra indicare un’imposizione da parte del potere conservatore al presidente.
Tra i ministri figurano anche Abbas Araghchi e Abdolnaser Hemmati, due figure moderate proposte per due ministeri chiave: esteri ed Economia e Finanze. Araghchi, diplomatico di carriera, è stato membro del team negoziale iraniano che ha raggiunto l’accordo nucleare con le potenze mondiali nel 2015, mentre Hemmati ha ricoperto la carica di governatore della Banca centrale durante il governo moderato di Rohani. I due probabilmente dovranno affrontare una dura battaglia per ottenere l’approvazione del parlamento conservatore.
Il presidente si trova di fronte un difficile processo di conferma per il suo gabinetto. Le tensioni internazionali e l’ombra della guerra però potrebbero aiutarlo a esercitare pressione sui legislatori conservatori affinché approvino il governo.
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