Pesca e Saharawi, le troppe pressioni sulla Ue portano dritto alla «pista marocchina» del Qatargate
Maroccogate? Il voto sospetto di Panzeri (e altri 414 eurodeputati). In ballo accordi commerciali e le risorse del Sahara occidentale occupato da Rabat
Maroccogate? Il voto sospetto di Panzeri (e altri 414 eurodeputati). In ballo accordi commerciali e le risorse del Sahara occidentale occupato da Rabat
L’inchiesta sulla corruzione al Parlamento europeo potrebbe allargarsi ad altri paesi che avrebbero avuto un ruolo nella vicenda. L’inchiesta, aperta in luglio, riguardo a «infiltrazioni e ingerenze nelle politiche dell’unione», come hanno rivelato gli organi investigativi di Bruxelles, oltre alla pista qatariota potrebbe seguire «una pista marocchina», con Rabat interessata ad avvicinare i parlamentari europei soprattutto per la questione relativa ai diritti commerciali e al Sahara occidentale.
Il possibile coinvolgimento del Marocco nasce principalmente da indiscrezioni del quotidiano Le Soir e del settimanale Knack che sottolineano il forte legame tra Antonio Panzeri e Abderrahim Atmoun, politico marocchino divenuto poi ambasciatore in Polonia.
L’intervento politico di Panzeri a favore del Marocco – per la verità insieme ad altri 414 eurodeputati – sarebbe in questo caso legato al voto con cui, nel 2019, il Parlamento europeo ha approvato un «accordo di pesca» che include esplicitamente anche il Sahara occidentale. Accordo poi annullato nel 2021 dalla Corte di Giustizia europea proprio perché sancirebbe «il diritto di sfruttamento di uno stato occupante in un territorio riconosciuto internazionalmente “non autonomo”», senza il consenso della popolazione saharawi e del suo legittimo rappresentante politico: il Fronte Polisario.
Dai legami con esponenti come Panzeri, il regno marocchino ha servirsi per accordi commerciali con l’Europa – il più grande mercato unico del mondo – senza mai perdere di vista il fine politico di far riconoscere il Sahara occidentale come regione sotto la propria «sovranità». Il Marocco ha chiesto più volte all’Unione Europea di adottare la stessa linea di Washington (il riconoscimento, nel 2020, da parte del presidente Trump), favorevole alla proposta marocchina del 2007 «sull’autonomia del Sahara occidentale all’interno dei confini del regno».
Le aperture ottenute in questi anni sono legate principalmente a pressioni diplomatiche ed economiche, come nel caso della Germania, o di ricatti legati a flussi migratori incontrollati, come nel caso della Spagna. Entrambi questi paesi recentemente si sono espressi a favore della proposta marocchina. È chiaro però che il governo del regno nordafricano punta a un radicale cambio di passo da parte europea: da qui l’attività di lobbying che, secondo i magistrati belgi, è sfociata «in veri e propri atti di corruzione».
«Il regno del Marocco è un partner strategico per l’Europa, è stato acclamato dalla diplomazia occidentale per le sue riforme politiche ed è considerato uno dei paesi più democratici della regione» ha dichiarato il ministro degli Esteri marocchino, Nasser Bourita.
Un esempio di “libertà” condannato lo scorso aprile dal Comitato contro la Tortura (Cat) dell’Onu a Ginevra per «la dura repressione» nei confronti dei giornalisti non allineati alle direttive del governo, dei leader del movimento popolare di protesta del Rif, degli attivisti e dei prigionieri politici saharawi all’interno dei territori occupati del Sahara occidentale e delle carceri marocchine.
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