Internazionale

Perso l’appello, Lula e i movimenti non demordono

Perso l’appello, Lula e i movimenti non demordonoLula con Dilma Roussef ieri a São Paulo – Afp

Brasile Via ai ricorsi. E il Pt mantiene - per ora - il sostegno alla sua candidatura per le presidenziali

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 26 gennaio 2018

Non c’è rassegnazione, tra le forze democratiche e di sinistra, dinanzi alla sentenza della Corte d’appello di Porto Alegre che ieri ha confermato la condanna di Lula per corruzione passiva e riciclaggio, aumentando addirittura la pena a 12 anni e 1 mese di reclusione (contro i 9 anni e 6 mesi della sentenza di primo grado).

L’EX PRESIDENTE parlando a São Paulo di fronte a oltre 50mila persone ha denunciato il carattere politico della condanna e ribadito la sua volontà di continuare a lottare: «Devo avvisare l’élite brasiliana: aspettateci, perché torneremo». E sul piede di guerra restano i movimenti riuniti nel Frente Brasil Popular, per nulla sorpresi da una condanna basata su supposizioni anziché prove concrete: «Continueremo a denunciare – hanno dichiarato – che l’elezione senza Lula è frode ed è il coronamento del golpe. E continueremo a combattere gli attacchi ai diritti conquistati dal popolo e al patrimonio della nazione».

DECISO A PORTARE AVANTI la lotta in difesa della democrazia si è detto anche il Partito dei lavoratori, che, come già più volte annunciato, continuerà a sostenere l’ex presidente come candidato alla presidenza. Il discorso, per Lula, non finisce quindi con la condanna in appello: se infatti, da un lato, i suoi difensori presenteranno ricorso tanto al Supremo tribunale di giustizia quanto al Supremo tribunale federale, sarà, dall’altro lato, il Tribunale superiore elettorale, a partire dal 15 agosto, a decidere rispetto all’eventuale impugnazione della sua candidatura sulla base della legge Ficha Limpa, che proibisce a chi sia stato condannato in secondo grado di candidarsi. In ogni caso, fino a 20 giorni prima dell’appuntamento elettorale, il Pt potrà sostituire il proprio candidato alla presidenza, benché sulla questione le opinioni all’interno del partito siano tutt’altro che uniformi.

C’è infatti chi è convinto che, dopo aver ripetuto fino allo sfinimento che «Elezione senza Lula è frode», il partito, nel caso in cui l’ex presidente restasse fuori dai giochi, dovrebbe semplicemente rifiutarsi di prendere parte alle elezioni. E c’è invece chi pensa che, in quel caso, bisognerebbe indicare un altro candidato o appoggiarne uno di una forza alleata, in modo che la sinistra non venga tagliata fuori.

QUEL CHE ANCORA MANCA, invece, nel dibattito all’interno del Pt, è una seria riflessione sugli errori commessi. A cominciare da quello più evidente di tutti: la sua trasformazione da partito dell’etica a forza politica inserita al pari di tutte le altre in uno schema di corruzione sistemica, come già aveva indicato lo scandalo del Mensalão (la compravendita di voti parlamentari durante il governo Lula). Ma anche rispetto a una politica centrata su accordi al vertice anziché sull’ampliamento della partecipazione popolare, superando la dipendenza da un leader pur carismatico come Lula per ricostruire un progetto collettivo in difesa del bene comune.

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