«Persecuzione di genere», l’ultimo crimine dei Talebani
Afghanistan Nel nuovo rapporto Onu sui diritti umani a Kabul l’attacco in corso contro le donne è ovunque. Dall'educazione ai ruoli pubblici, si aggravano le «violazioni sistematiche». Ma le attiviste, malgrado i divieti cresciuti nell’ultimo anno, continuano a manifestare
Afghanistan Nel nuovo rapporto Onu sui diritti umani a Kabul l’attacco in corso contro le donne è ovunque. Dall'educazione ai ruoli pubblici, si aggravano le «violazioni sistematiche». Ma le attiviste, malgrado i divieti cresciuti nell’ultimo anno, continuano a manifestare
«La politica intenzionale e calcolata dei Talebani è quella di negare i diritti delle donne e delle ragazze e di cancellarle dalla vita pubblica». Non ha usato mezzi termini Richard Bennett, lo Special Rapporteur delle Nazioni Unite sui diritti umani in Afghanistan, nel presentare il 6 marzo al Consiglio dei diritti umani dell’Onu il suo rapporto sul Paese centro-asiatico.
Un’analisi con dati talmente gravi da spingere Bennett a un invito-appello, rivolto al procuratore capo della Corte penale internazionale: verificare se in Afghanistan sia in corso un «crimine di persecuzione di genere».
QUELLO PRESENTATO due giorni fa è il secondo rapporto di Bennett, frutto di una visita nell’ottobre 2022 durante la quale ha incontrato decine di cittadini, attiviste, giornalisti, difensori dei diritti umani, diplomatici, nelle province di Kabul, Bamiyan e del Panjshir.
Il rapporto è in generale sulla situazione dei diritti umani a 19 mesi dalla presa del potere dei Talebani. Ma le donne, e i loro diritti negati, sono ovunque: non c’è capitolo in cui non siano elencate le discriminazioni delle autorità di fatto verso di loro.
La «violazione sistematica dei diritti umani delle donne e delle ragazze» è diventata perfino più grave rispetto a soltanto un anno fa, denuncia Richard Bennett.
SONO TANTI I MODI in cui i Talebani negano i loro diritti: il divieto di accedere all’educazione superiore, con la chiusura delle università decisa nel dicembre 2022 e che si aggiunge alla chiusura delle scuole in tutto il Paese (tranne rari casi) per le adolescenti. E poi ancora le «restrizioni nel movimento, nell’abbigliamento, nelle opzioni di impiego, nell’abilità di accedere negli uffici pubblici o di svolgere ruoli pubblici». Perfino di «accedere allo spazio pubblico» e ai centri sanitari.
L’Afghanistan è uno Stato firmatario della Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, ma i Talebani la stanno «contravvenendo in modo flagrante», enfatizza Bannett.
LE DISCRIMINAZIONI, infatti, sono state progressivamente normalizzate. In ambito pubblico e domestico.
Per esempio, l’idea di punire i familiari maschi per le presunte violazioni delle leggi da parte delle donne (vale per quella istituita nel maggio 2022 sull’abbigliamento), «mette gli uomini contro le donne» e non fa che «normalizzare ulteriormente la discriminazione e la violenza contro di loro». Anche da qui deriva «l’aumento della violenza sessuale contro le donne», molto meno monitorata e mappata. E con un’impunità maggiore rispetto al passato. A cui si somma la difficoltà di accedere al sistema della giustizia. E i gravi rischi corsi dalle attiviste che, a dispetto delle progressive restrizioni, continuano a rivendicare diritti, a scendere per strada, manifestando.
Nel rapporto di Bennett si legge infatti della repressione sempre più dura, degli arresti, delle intimidazioni. L’obiettivo «chiaramente non è solo punire per le proteste, ma anche fare in modo che sia un deterrente per altre proteste».
IL QUADRO COMPLESSIVO è allarmante. L’Emirato islamico sta infatti «governando l’Afghanistan attraverso la paura e politiche repressive». Sta sempre più compromettendo «le libertà fondamentali, inclusi i diritti di associazione e di assemblea pacifica, di espressione, il diritto alla vita e la protezione contro i trattamenti ingiusti». Nel sistema politico, sociale, economico afghano non c‘è inclusività, c’è molta poca tolleranza per le differenze «e nessuna per il dissenso».
Bennett non si ferma qui, però. Riserva critiche esplicite anche alla comunità internazionale. Colpevole di danneggiare la popolazione afghana, e le donne, con politiche che mettono a repentaglio il diritto alla vita e alla sicurezza economica. Le esenzioni stabilite dal Consiglio di sicurezza dell’Onu rispetto alle sanzioni in vigore contro i Talebani non bastano a rimettere in piedi un’economia al collasso. Perché le attività (e i fondi) della Banca centrale afghana rimangono isolate dal sistema bancario internazionale.
DALLA FORTISSIMA CONTRAZIONE dell’economia deriva l’alto numero di abbandoni scolastici, e l’aumento delle ragazze date precocemente in sposa, viene ricordato nel dossier di Bennett. Che chiede ai Talebani di rimuovere immediatamente tutti gli ostacoli che negano la piena partecipazione delle donne alla vita economica e sociale del Paese.
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