“Che cosa aspetti amico per capire” si cantava con allegria nel 68. Allora c’era da capire la voglia di cambiare il mondo per renderlo migliore e tanta era la fiducia diriuscire a convincere gli indecisi. Oggi è un appello quasi disperato perché si stenta a capire che il buco nero del cambiamento climatico sta inghiottendo la specie umana, sgretolando le condizioni stesse che le permettono di vivere. L’attesa rischia di essere troppa per fermare i tanti eventi estremi che ci colpiscono, troppa non solo in quel piccolo lembo di terra che è l’Italia, ma nel mondo intero. Qui da noi però la sordità è intrisa di cinismo, oltre che di interessi vergognosi. Cosa ci sia da capire non è tanto complicato se solo si smettesse di mentire chiamando catastrofi naturali eccezionali ciò che sta accadendo al paese.

L’avanzare dei fuochi che divorano gran parte dell’Europa, le giornate torride di questo luglio saranno una costante con cui convivere. In realtà non si vuole capire che bisogna voltare pagina, anzi che va riscritto tutto il libro. Ogni energia, fantasia di cui siamo capaci vanno spese per decidere come affrontare e vincere la sfida decisiva a cui ci sottopone il cambiamento climatico.
I capitoli di questo nuovo libro non sono tutti scritti, ma molti si: un nuovo modello energetico rinnovabile ed efficiente, acque, suolo e aria beni comuni da tutelare, una nuova mobilità più collettiva e intermodale solo per citarne alcuni. Manca solo la volontà politica e forse la cultura per smettere di considerare gli umani fuori da una natura da sottomettere e dominare.

C’è anche l’ignoranza di tanti che pensano che vivere in pace con l’ecosistema di cui siamo parte offra solo stenti e disoccupazione. Al contrario per realizzarla c’è bisogno di molto lavoro, e tecnologia, lavoro non precario e demotivato, ma da svolgere per un lungo periodo, ricco di professionalità e diritti. Le vecchie scelte per quanto si colorino di verde alterano il clima, ci espongono a pandemie, avvelenano terra aria e acque.

Fuori metafora il dibattito parlamentare ha parlato d’altro, quasi ignorato che il paese era soffocato dal caldo, che le fiamme che divorano la Spagna, il Portogallo, la Francia ci riguardano si sono accese anche qui. Anzi chi non voleva la caduta di Draghi spiegava che la sua cacciata avrebbe fermato il Pnrr, ignorando che molte delle cose scritte in quel progetto alimentano l’incendio perché parlano di fossile, di navi che rigassificano il metano, che non smette di alterare il clima se lo si compra in Algeria anziché in Russia.

Questo vuol dire però che un nuovo libro non lo possono scrivere coloro che hanno scritto quello vecchio. So che ci vuole tempo per individuare le nuove scrittrici/i, ma una sinistra che vuole meritarsi il consenso dovrebbe avere gli occhi puntati sulla società per individuarli.

Ora si andrà a votare e temo che saranno sempre meno quelli che si recheranno alle urne. Molti non andranno al seggio perché quello che hanno visto e sentito e che ha portato alla crisi era lontano anni luce dalla loro vita. Chi patisce il caldo e non ha condizionatori o non ha i soldi per pagare la luce per farli funzionare non può appassionarsi alla disputa elettorale che ha ignorato il suo problema. So che le destre di scrivere quel nuovo libro non ne hanno nessuna intenzione, proprio per questo non hanno problemi ad unirsi, le lega il potere. Chi però le dovrà sfidare ha perso credibilità perché da anni anch’essi lavorano, chi più chi meno, solo sul vecchio libro, a cui fare qualche modifica senza alterarne la direzione di marcia. Proprio per questo si divide in mille frammenti, difficilmente componibili.

Manca nella principale forza, il Pd, ogni volontà di voltar pagina e sfidare le destre con un nuovo progetto su cui unire. È chiaro che se questo non cambierà vinceranno le destre. Alcune delle sinistre pensano che sia non solo ineluttabile, ma anche positivo, perché fare opposizione rigenera, darà spazi a una vera alternativa.

Altri ed io fra loro non la pensano così, ma non vedono spazi, forse dimenticando che per crearli bisogna agire. Servono però segnali. Per farla breve il Pd dovrebbe assomigliare più al Psoe spagnolo che tassa banche e imprese energetiche per non far pagare la crisi ai soliti noti e chi sta alla sinistra del Pd ispirarsi a Podemos che sta al governo, gli fa fare buone politiche, impedendo almeno in parte ai socialisti di tornare a guardare a destra.

Un segnale potrebbe essere decidere di fare un confronto su Piombino, Ravenna, Portovesme, aprirsi alla eventualità che i porti delle tre città saranno liberati da quelle orribili navi gasiere climalteranti, che si è deciso (dove? quando?) di mettere lì. Non per dire solo no ma valutare anche una alternativa, ad esempio che le terre inquinate delle tre città saranno risanate, che i tetti delle vecchie fabbriche e delle case dotate di pannelli solari, che i loro mari ospiteranno turbine eoliche, che nei quartieri delle città cittadine/i verranno aiutate a riunirsi in comunità energetiche, spinti a risparmiare energia, a differenziare i rifiuti, riciclarli e riusarli prima di pensare a qualsiasi inceneritore.

Non so se la voglia di aprirsi al confronto basti a fare unità e appassionare molte persone alla sfida con le destre. Sicuramente aiuterebbe. Populismi? Mi sa che i sapientoni che lo ripetono hanno voglia di perdere.