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Perché il Comune di Bologna non è un «inferno»

Perché il Comune di Bologna non è un «inferno»Bologna

Città L’indirizzo politico dell’attuale Giunta progressista colloca Bologna all’avanguardia su molti fronti: oltre alle politiche per l’abitare e agli inediti investimenti in ERS ed edilizia scolastica

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 25 gennaio 2024

Nel discorso di apertura pronunciato il 2 ottobre 1998 a Postdamer Plaz, dopo la tardiva ricostruzione della splendida piazza berlinese distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, Renzo Piano propone un «elogio della città» che faremmo bene a rileggere quando formuliamo giudizi un po’ sommari sulle politiche municipali.

Mi permetterei di suggerirlo anche a Pier Giorgio Ardeni, intellettuale di cui ho, personalmente, molta stima, che in un articolo pubblicato da il manifesto del 13 gennaio, elegge Bologna a paradigma negativo di «quanto accadrà nei prossimi mesi in Italia, con un Partito democratico lanciato verso il baratro in cui rischia di trascinare le attuali opposizioni parlamentari». La fosca previsione è giustificata da un elenco di fatti, in versione a dir poco semplificata, che legittimano l’Autore a comminare giudizi lapidari sul sindaco Lepore e i suoi alleati, a partire da Coalizione civica per Bologna, che oggi esprime una Vice Sindaca, Emily Clancy, con la quale ho avuto l’onore di condividere, nel quinquennio 2016-2021, i banchi dell’opposizione alla Giunta Merola.

Per Ardeni, il Pd bolognese, un po’ bigotto e un po’ liberticida (come deduce da una recente polemica col partito dei Verdi), sarebbe impegnato a marciare «a testa bassa sulle questioni ambientali», falciando alberi e cementificando a destra e a manca, mentre la fedeltà di Coalizione civica dipenderebbe da una sua componente, Sinistra italiana, che avrebbe scelto l’appoggio al Pd contro il resto delle componenti dell’esperienza di civismo progressista nata nel 2015, spingendo una parte del suo elettorato verso l’astensione.

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Al netto dei dati elettorali relativi alle amministrative 2021- che sono fortunatamente pubblici – non devo spiegare ad Ardeni, che si mostra ferrato sulla politique politicienne, quando costi a Sinistra italiana l’odierna frattura coi Verdi bolognesi, visto che ovunque, come noto, si sta lavorando per consolidare l’Alleanza Verdi-Sinistra, ma può tornare utile ai lettori sapere che Coalizione civica esprime oggi, oltre alla Vice Sindaca – il cui Piano casa è stato preso a modello da svariate città non solo italiane – anche tre ottimi consiglieri e consigliere: nessuno dei quatto è (purtroppo) iscritto a Sinistra Italiana, mentre lo era – come adesso – il sottoscritto, che nella passata consiliatura era anche capogruppo di opposizione alla giunta Pd. Peraltro Ardeni mostra di ignorare – o, ciò che è più grave, mistificare – il faticoso percorso che ha spinto Coalizione civica a scegliere la via dell’alleanza, dopo un quinquennio di opposizione senza sconti e a seguito di una tenace negoziazione finalizzata a definire il profilo programmatico del nuovo corso.

Richiamo questi dettagli e queste inezie per sottolineare un aspetto che mi pare ben più importante: pur tra mille difficoltà – che Coalizioni civica non ha nascosto in alcuna congiuntura, prima, durante e dopo le elezioni del 2021 – l’indirizzo politico dell’attuale Giunta progressista colloca Bologna all’avanguardia su molti fronti: oltre alle politiche per l’abitare e agli inediti investimenti in ERS ed edilizia scolastica, si pensi a quelle orientate alla mobilità dolce e sicura (bus notturni, tram e, da ultimo, il controverso provvedimento sulla “città 30”, molto apprezzato da Legambiente), alle “mappe di genere”, agli istituti di partecipazione (a partire dal bilancio partecipativo e dai patti di collaborazione), alle misure di welfare locale (a partire dall’azzeramento delle listi d’attesa sui nidi) e allo straordinario finalizzato salvaguardare e valorizzare Prati di Caprara come bosco urbano. Per non parlare delle prese di posizione della città sui temi dell’accoglienza dei migranti, della violenza contro le donne e delle violenze che si perpetuano quotidianamente a Gaza, nel silenzio dei più.

Per tutte queste ragioni, del resto, come tutti sanno, Bologna è, quanto nessun’altra città italiana, nel mirino delle destre non solo locali ma anche nazionali, disposte a sbraitare e incunearsi tra le pieghe di ogni questione – come ha giustamente notato Marco Bascetta – pur di minacciare uno dei governi locali più a sinistra d’Italia.

Mi guardo bene dal raccomandare, per ciò solo, di “far quadrato”: in politica è sempre saggio esercitare il massimo della critica e dell’autocritica, specie nel campo delle esperienze più avanzate. Mi limito a suggerire di rileggere Renzo Piano il quale, sul finire del secolo scorso, pur registrando come l’idea stessa di città fosse «in crisi», per via di una serie di elementi che la rendevano invivibile (traffico, rumore, inquinamento, delinquenza, sopraffazione, invidia, rabbia…), richiamava Calvino per invitare sempre a «riconoscere cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno», per farlo durare, dargli spazio. Ebbene, mi pare che Bologna si presti allo scopo più e meglio di tanti altri luoghi e contesti dell’Italia di oggi.

* Segretario provinciale di Sinistra Italiana

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