Ciò che sta accadendo in queste settimane a Bologna può essere rivelatore di quanto accadrà nei prossimi mesi in Italia, con un Partito democratico lanciato verso il baratro in cui rischia di trascinare le attuali opposizioni parlamentari. In un centro sociale comunale, affidato in gestione, era stato messa in cartellone la proiezione di un film russo, “Il testimone”.

Un film che non ha ancora visto nessuno ma che, a quanto si dice, è apertamente filo-russo e anti-ucraino. Per quanto propagandistica, l’iniziativa poteva essere criticata e magari contestata in loco. Il Comune, invece, ha pensato di proibire la proiezione, adducendo in una nota che il centro in questione «è uno spazio affidato in convenzione affinché siano perseguite finalità di carattere pubblico, e non altre. Questo rende radicalmente incompatibile ogni attività di propaganda». Una posizione alquanto discutibile visto che in molti casi si tengono iniziative, in spazi comunali, che possono essere definite di «propaganda», come ad esempio la recente presentazione del libro di Mario Adinolfi, leader del Popolo della Famiglia, intitolato “Contro l’aborto, le 17 regole per vivere felici” tenutasi in una sala di quartiere.

Un libro apertamente propagandista anti-abortista, in contrasto con una legge dello Stato. Non si capisce, dunque, perché la proiezione dei film in questione violi i regolamenti comunali più di altre iniziative simili, se non ammettendo che si sia voluto applicare una censura. Il che lascia pensare che l’Amministrazione comunale voglia intervenire sulle iniziative pubbliche che si svolgono nei locali di sua proprietà (ma, allora, non si capisce perché la propaganda anti-abortista sì e quella filo-russa no).

La vicenda, però, non è finita lì. Il consigliere comunale Davide Celli, dei Verdi, con delega al benessere animale, è intervenuto in Consiglio affermando di essere contrario ad ogni forma di censura e interessato a vedere il film, pur riconoscendo che si tratta di propaganda. Non è bastato che Celli abbia rigettato l’accusa di essere pro-Putin: la sua dichiarazione ha portato il sindaco Matteo Lepore a espellere “seduta stante” i Verdi dalla coalizione, accusandoli di difendere i pro-Putin «per un pugno di voti».

In realtà, il film che il Pd sta girando a Bologna è un altro, e la mossa di Lepore rispetta quel copione. Già insofferenti per una delega al benessere animale che è rimasta disattesa, i Verdi hanno di recente criticato la giunta comunale per le sue scelte sulla gestione del patrimonio arboreo – tagli indiscriminati di alberi – e sul consumo di suolo. Sulla stessa questione dell’allargamento del Passante autostradale – che prevede l’estensione a 18 corsie della tangenziale di Bologna – sul quale la giunta ha espresso il parere favorevole le posizioni erano divergenti da tempo.

Il fatto è che il Pd sta facendo quadrato marciando a testa bassa sulle questioni ambientali e di rapporto con le associazioni cittadine, senza possibilità di contraddittorio. Una giunta eletta con un voto che ha visto solo la metà degli elettori recarsi alle urne, dopo aver tenuto primarie che hanno svuotato la competizione elettorale, cooptando Isabella Conti prima, e poi i consiglieri 5 Stelle, entrati nel Pd, e la lista di Coalizione Civica, che nella passata legislazione era stata all’opposizione e il cui elettorato a sinistra del Pd ha finito per dividersi tra chi, come quelli facenti capo a Sinistra italiana, hanno preferito appoggiare il Pd e gli altri, che in buona parte hanno finito per astenersi.

Incurante dei dati che mostrano come Bologna primeggi nelle statistiche sul consumo di suolo, Il Pd persegue ora progetti di ulteriore urbanizzazione di aree della città, in barba ai 20mila alloggi sfitti, nel nome della “città della conoscenza” – i cui effetti di gentrificazione saranno evidenti negli anni – accanto alla cementificazione che verrà apportata dal Passante. A Bologna come in Regione, il partito del cemento si fa forte dell’appoggio delle “forze produttive” – con inutili bretelle autostradali e terreni adibiti a parchi per la logistica – totalmente dimentico dei danni che l’ulteriore cementificazione e impermeabilizzazione del territorio comportano. Dopo l’alluvione in Romagna, peraltro, nulla è cambiato e tutto è continuato come prima. La difesa del suolo, l’urbanizzazione di aree pluviali e idrogeologicamente fragili è proseguita come nulla fosse.

Certo, il Pd si rivolge a quelle fasce sociali sensibili alle sirene della Lega e della destra, quei ceti medi mobili oltre le Ztl delle città, tra le periferie delle piccole imprese e degli artigiani. Ma così facendo si aliena le fasce deboli, dei lavoratori e dei pendolari, e dei cittadini tutti, nelle periferie e nelle zone montane, che subiranno quella “neutralità climatica” che non arriverà mai. E sarà presto necessario che anche chi, a sinistra, aveva concesso carta bianca al Pd pur di “poter contare” faccia un esame di coscienza per prendere atto che, se quel partito non cambia nel profondo politiche e obiettivi, ben lontana sarà la possibilità che Bologna sia davvero la città «più progressista d’Italia». Abbiamo visto che film sta girando: diamogli uno stop.