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Per la Tunisia di ieri e di oggi, Belaid non è solo un ricordo

Per la Tunisia di ieri e di oggi, Belaid non è solo un ricordoTunisi, i manifestanti affrontano i poliziotti in Avenue Bourguiba – Ap

Tunisia A otto anni dall'omicidio del leader della sinistra, per cui Ennahda non ha mai ammesso la responsabilità politica, giovani e adulti, sindacati e partiti marciano nella capitale con le stesse rivendicazioni 

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 7 febbraio 2021

Alle 8.05 del 6 febbraio 2013, in una Tunisia in piena fase costituente, la radio annunciava la morte di Chokri Belaid, ucciso da tre colpi di pistola di fronte alla sua abitazione per mano di un militante islamista.

L’assassinio del celebre avvocato, attivista per i diritti umani e leader dell’opposizione al governo di Ennahda ha aperto una profonda crisi istituzionale in un paese in cui l’organizzazione islamista Ansar Al-Charia’a organizzava ancora incontri pubblici in totale impunità.

Chokri Belaid – che temeva una «svolta violenta» per la Tunisia – provava a tradurre politicamente le rivendicazioni della rivoluzione per riunire le anime di una sinistra divisa. Un progetto che non ha mai potuto portare a termine. Nonostante il partito di Ennahda continui a non riconoscere la propria responsabilità politica, la memoria di questo assassinio che ha sconvolto l’opinione pubblica oggi resta viva.

Otto anni dopo, la commemorazione dell’uccisione di Chokri Belaid coincide con la nuova ondata di proteste che attraversa il paese. Da inizio gennaio, ogni sabato centinaia di manifestanti si ritrovano nel centro di Tunisi.

Ieri ai gruppi di giovani e militanti della capitale che da settimane occupano Avenue Bourguiba si sono aggiunte le principali organizzazioni della sinistra tunisina, tra sindacati, associazioni e partiti politici, per un totale di circa duemila persone presenti.

Gli slogan in ricordo di Belaid – «Chokri è ancora vivo, vive con noi» – si sono alternati a quelli della rivoluzione: «Il popolo vuole la caduta del sistema», «Né paura né terrore, la strada appartiene al popolo», «Pane, libertà, dignità».

Accanto agli striscioni in inglese («We were born in your world but you will die in ours», siamo nati nel vostro mondo ma morirete nel nostro), altri manifestanti sollevano la foto del leader della sinistra. C’è anche chi porta simbolicamente una maschera di Belaid, non lontano da chi preferisce quella di La Casa del Papel.

La piazza di dieci anni fa si è fusa così con quella di oggi e giovani, adulti, anziani hanno sfilato uno accanto all’altro. «È chiaro a tutti che la Tunisia è arrivata a un punto di non ritorno tra crisi economica, sociale e politica», sostiene Khadija, che non ha partecipato alle proteste delle ultime settimane ma non ha voluto rinunciare alla marcia per Chokri Belaid.

Per lei, presente in Avenue Bourguiba con marito e figlie, otto anni «sono pochi, ma sembrano lontani». Le rivendicazioni di allora – giustizia sociale, meno disuguaglianze, contributi per le fasce più precarie della popolazione – sono ancora attuali, specialmente nel periodo di grave crisi economica post pandemia.

Otto anni fa un altro manifestante, Kais, frequentava ancora le scuole elementari. Per chi come lui è cresciuto dopo la rivoluzione, Belaid è un pezzo di quella storia recente che non è ancora stata scritta sui libri scolastici. «Io qui non ho futuro. Non so cosa farò da adulto perché in Tunisia qualsiasi mio sogno non può avverarsi», ripete come tanti suoi coetanei presenti.

Khadija e Kais cantano all’unisono «Ya Ghannouchi ya saffah, ya qattel laroueh», qualificando l’attuale leader di Ennahda – lo stesso di otto anni fa – come «assassino». Per Khadija, è colui che non ha mai saputo assumersi la responsabilità politica dell’assassinio di Belaid. Per Kais, 18 anni, fa parte del sistema da cacciare.

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