Diritti negati, il rapporto sulla Tunisia imbarazza l’Ue
Verso le elezioni Detenzioni arbitrarie e preventive nei confronti di politici e della società civile , commissionato da Josep Borrell il documento contraddice il Memorandum siglato nel luglio 2023
Verso le elezioni Detenzioni arbitrarie e preventive nei confronti di politici e della società civile , commissionato da Josep Borrell il documento contraddice il Memorandum siglato nel luglio 2023
Agli occhi dell’Unione europea la credibilità della Tunisia come paese e porto sicuro comincia a scricchiolare alla vigilia dell’apertura della campagna elettorale per le presidenziali. In un rapporto interno edito dall’Eeas – il servizio diplomatico dell’Unione europea – e visionato dal giornale britannico Guardian, si mette in luce come «le proteste e i controlli dell’opinione pubblica» su violenze, sgomberi e altri maltrattamenti di migranti e richiedenti asilo «in cui le autorità sono spesso coinvolte», sollevano «interrogativi critici sul sostegno dell’Ue alle autorità di gestione delle frontiere», secondo quanto stabilito dal Memorandum siglato nel luglio 2023.
Il rapporto, commissionato dall’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri Josep Borrell, è stato condiviso con i rispettivi colleghi dei 27 lo scorso 7 luglio. Nelle 5 pagine del documento emergono come preoccupazioni quelle che gli attori della società civile tunisina denunciano da tempo. Arresti arbitrari nei confronti di attivisti, di politici e membri della società civile, tolleranza zero e respingimenti di migranti in transito.
Una situazione che dovrebbe imbarazzare se comparata con quanto emerge dall’ultimo bollettino relativo all’intercambio, diffuso oggi dall’Istituto nazionale di statistica (Ins), secondo cui – nel primo semestre del 2024 – l’Unione europea è il primo partner commerciale del paese guidato da Kais Saied.
Un equilibrio precario, quindi, quello che si sta continuando a portare avanti con un paese che si appresta a rieleggere il proprio presidente il prossimo 6 ottobre in un clima tutt’altro che sereno.
I mesi di avvicinamento alla campagna elettorale, che inizierà ufficialmente oggi, hanno visto rocamboleschi colpi di scena. Dei 17 candidati che si sono presentati alle elezioni, solamente 3 sono stati considerati come presentabili. L’Isie, l’autorità superiore indipendente per le elezioni, ha difatti rigettato la quasi totalità delle candidature a seguito di vizi di forma e presunti brogli, che hanno portato tra gli altri all’arresto e al successivo rilascio di uno dei tre candidati – Ayachi Zemmal – con l’accusa di falsificazione di documenti. Per conoscere l’esito dell’accusa bisognerà aspettare il 19 settembre.
È stata resa nota invece la condanna inflitta all’avvocatessa Sonia Dahmani, rea di aver commentato sarcasticamente – durante una trasmissione televisiva lo scorso maggio – l’effettiva volontà da parte dei migranti sub-sahariani presenti nel paese di installarvisi a causa della sua crisi economica. Una semplice battuta in riferimento all’ormai famoso discorso del febbraio 2023 di Saied, in cui il presidente identificava nei migranti presenti sul suolo tunisino un pericolo per la composizione demografica del paese. In seguito all’arresto avvenuto in diretta tv su France24 lo scorso maggio, l’11 settembre la corte d’appello ha ridotto da 11 a 8 i mesi di detenzione.
La censura dell’opposizione ha ormai valicato anche i confini del paese. Il numero di settembre del mensile JeuneAfrique, questo mese non sarà disponibile nelle edicole del paese. Il motivo lo si può trovare nella copertina dedicata a l’Hyperpresident e alla crisi che sta attraversando il paese.
Le elezioni del 6 ottobre prossimo si svolgeranno in un clima di disillusione politica ormai più che lampante. Basti pensare al vertiginoso calo della partecipazione alle ultime chiamate alle urne avvenuta nel 2022. Se soltanto il 30,5% della popolazione si era espresso per approvare la nuova costituzione voluta Saied, per eleggere il nuovo parlamento – dopo la dissoluzione imposta dal capo dello stato – appena l’11,5% ha espresso la propria preferenza.
Nonostante sia stato dato il via libera a più di 1.500 accrediti per giornalisti e osservatori internazionali, gli organismi chiamati a vigilare sulla regolarità delle elezioni non sembrano avere vita facile. Dopo aver negato per un vizio di forma la reintegrazione di tre candidati in corsa per la presidenza di Cartagine a seguito del via libera da parte del tribunale amministrativo, che ne aveva giudicato valido il ricorso, l’Isie sta ostacolando l’accreditamento da parte di I Watch e Mourakboun, le ong nazionali che abitualmente vigilano questi processi. La motivazione risiederebbe nel fatto che le due strutture avrebbero ricevuto finanziamenti sospetti da parte di paesi terzi.
Se due indizi non fanno una prova, risulta quantomeno stridente il fatto che Farouk Bouasker – presidente dell’autorità per le elezioni a cui il ministero dell’interno a recentemente rinnovato l’incarico per un altro anno – sia uno dei fedelissimi della prima ora di Saied.
In questo clima di detenzioni arbitrarie e preventive nei confronti di esponenti politici e della società civile, per Bruxelles diventa sempre più difficile portare avanti la favola del paese e del porto sicuro a cui continuare a delegare l’esternalizzazione delle proprie frontiere.
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