L’Agenzia dell’Onu per i Rifugiati (Unhcr) esorta «tutti i paesi» a tenere aperti i confini con il Sudan per «consentire un accesso non discriminatorio ai civili in fuga», comprese «le persone apolidi o prive di documenti d’identità», ha precisato ieri Elizabeth Tan, direttrice della Protezione internazionale dell’Unhcr. Che ricorda come «tra loro ci sono anche sfollati interni a causa di precedenti conflitti in Sudan, oltre a rifugiati da altri paesi che in Sudan hanno cercato riparo». Per questo Tan si augura che «tutte le domande di protezione internazionale siano esaminate con equità ed efficienza».

Intanto Eddie Rowe, direttore di un’altra agenzia Onu, il Programma alimentare mondiale (Pam), comunica che dall’inizio del conflitto sono state saccheggiate in Sudan «quasi 17 mila tonnellate di aiuti», per un valore di circa 14 milioni di dollari.

E mentre la guerra civile entra nella sua terza settimana, il mondo guarda impotente. «In Sudan possiamo fare ben poco – ha confessato ieri l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell -. È una guerra civile tra due generali con due eserciti, nessuno interverrà militarmente dall’esterno. L’unica è cercare di ottenere un cessate il fuoco».

E così quello a cui assistiamo è «omicidio dell’umanità», denuncia Riccardo Noury, portavoce di Amnesty international Italia, rivolgendo un appello alla comunità internazionale «non ripeta quanto accaduto nel 2019, quando una sollevazione popolare pose fine al regime di terrore di Omar al-Bashir, ma la popolazione sudanese venne poi di fatto lasciata sola». Ora Amnesty lancia una campagna mirata per la protezione dei civili: «Più che mai è necessario il sostegno di ogni singola persona – dice Noury, e anche un piccolo gesto, come devolvere il proprio 5×1000 a Amnesty in difesa dei diritti civili, può fare la differenza».