Per cosa votiamo? I tanti paradossi della politica
Il voto dei delegati al congresso dei Verdi – foto dpa /Ap
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Per cosa votiamo? I tanti paradossi della politica

Le ambiguità dei Verdi Nel Parlamento europeo le famiglie “partitiche” transnazionali configurano equilibri che rischiano di non riflettere le preferenze degli elettori
Pubblicato 4 mesi faEdizione del 5 luglio 2024

Nel Parlamento europeo le famiglie “partitiche” transnazionali configurano equilibri che rischiano di non riflettere le preferenze degli elettori. Ciò è tanto più vero nel caso di meccanismi di formazione del consenso fortemente dipendenti da “single issue voters”, cioè elettori ed elettrici che hanno votato soprattutto per una questione specifica o che sono stati attratti da candidati molto riconoscibili, vuoi per posizione pubblica, vuoi per biografia personale. Se pensiamo, per esempio, alla composizione del gruppo dei Verdi europei non possiamo non notare la presenza di eletti appartenenti a partiti la cui linea politica contraddice quella del sottogruppo più forte, cioè i verdi tedeschi. Il punto non può essere del tutto ignorato, specie se le questioni dirimenti e che hanno indirizzato il voto si richiamano reciprocamente. La singola istanza “verde” non è sufficiente.

Il problema assume una portata anche maggiore quando gli eletti, che comunque fanno riferimento a un programma univoco del partito di appartenenza, si dividono tra gruppi parlamentari che sono in contraddizione palese su temi cruciali. Il gruppo verde europeo, appunto, è unito dalla sacrosanta centralità del tema ambientale, ma è invece molto ambiguo, fluido si potrebbe dire, sui temi di politica internazionale.

Per esempio, la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock è stata in prima fila nel sostegno, per lunghi mesi largamente incondizionato, a Israele. È anche una esponente di punta di un governo che si è distinto nella repressione del dissenso pro-Palestina, che ha messo a repentaglio diritti democratici che un sistema liberale dovrebbe dare per scontati, dalla libertà di espressione a quella di manifestazione – fino alla notizia, riportata pochi giorni fa – che gli immigrati in Germania richiedenti cittadinanza dovrebbero dichiarare come condizione necessaria il diritto di Israele ad esistere.

Le cose non vanno meglio, anzi, per quel che riguarda la guerra in Ucraina. I Verdi tedeschi sono senza dubbio il partito della coalizione tedesca che più spinge per il sostegno militare all’Ucraina, come infatti riportato da il manifesto qualche mese fa. E d’altronde il problema non sono solo i Verdi tedeschi, se lo stesso “Manifesto dei Verdi” è molto chiaro sul continuare ad armare Kiev perché – si sostiene – è attraverso la difesa armata dell’Ucraina che passa la sicurezza europea. Temi, questi, che rimandano a un posizionamento politico più ampio, se pensiamo che il gruppo dei Verdi era più che interessato a entrare nella maggioranza Ursula. Un’alleanza davvero lontana da quanto sostengono, per esempio, i Verdi italiani. Dal punto di visto politico, sarà interessante capire come e quando queste distanze si faranno sentire ed, eventualmente, saranno affrontate nel discorso pubblico.

Il punto in parola non riguarda certo le posizioni dei singoli o casi specifici, quanto la presenza di famiglie politiche europee che sono ormai obsolete rispetto alle dinamiche nazionali. Ciò è particolarmente vero per un gruppo come quello dei Verdi che, pur nascendo da posizioni politiche radicali, soprattutto sulla guerra, si tende a caratterizzare a livello europeo per il solo tema ambientale. Si tratta certamente di un tema centrale, se non decisivo per il futuro dell’intero globo, ma che se isolato da un quadro di priorità più generale lascia troppi spazi di ambiguità su altre dirimenti questioni.

I Verdi hanno avuto un ruolo centrale nel ridefinire l’agenda pubblica e non può esistere una forza di sinistra che non combatta anche lo sfruttamento delle risorse naturali, non diverse da quelle umane, legate ad una logica di profitto a tutti i costi e di mercificazione incipiente, con quel che ne consegue per clima e biodiversità. E dall’altra parte, come recita un vecchio adagio, l’ambientalismo senza socialismo è solo giardinaggio. La composizione e ricomposizione di queste tematiche – a cavallo tra i partiti nazionali e le alleanze europee – è uno dei temi da affrontare in un quadro di politica multi-livello, non dimenticandosi che il consenso politico, se vuole essere durevole, richiede la costruzione e l’attuazione di un quadro di coerenza generale tra le singole questioni.

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