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Per Comey, ex capo dell’Fbi, «Trump è un mafioso»

Per Comey, ex capo dell’Fbi, «Trump è un mafioso»L'ex direttore del Fbi James Comey in una testimonianza al congresso Usa – LaPresse

Stati uniti Nel suo libro di memorie la nuova leadership Usa è "il regno della menzogna"

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 14 aprile 2018

Dopo «Fire and Fury», il libro del giornalista Michael Wolff, su una preoccupante Casa Bianca allo sbando, dall’editoria ancora brutti grattacapi per Trump, stavolta per la penna avvelenata di James Comey, l’ex capo dell’Fbi, licenziato dal presidente nel maggio 2017 perché non abbastanza duttile nel chiudere alla svelta le indagini sul Russiagate.

Nelle 300 pagine del libro, «A Higher Loyalty: Truth, Lies and Leadership», Comey dipinge Trump come un «egoriferito» con il codice comportamentale di un vero e proprio boss mafioso: «Un boss in completo controllo», che si circonda di una cerchia di persone pronte ad assecondarlo.

Per l’ex capo dei federali, avere avuto a che fare con Trump l’aveva riportato ai tempi in cui si occupava di mafia, ritrovando tutti gli elementi che formano quel tipo di codice d’onore e quel concetto di lealtà.

È il primo grande libro di memorie di un attore chiave dei primi giorni dell’amministrazione Trump, le cui osservazioni sono difficilmente classificabili come marginali, e Comey non usa parafrasi.

«Stiamo vivendo un momento pericoloso nel nostro Paese – si legge nel libro – con un ambiente politico in cui i fatti di base sono contestati, la verità fondamentale viene messa in discussione, la menzogna è normalizzata e il comportamento non etico viene ignorato, giustificato o ricompensato ».

Gli estratti di questo best seller annunciato non sono piaciuti a Trump che su Twitter ha contrattaccato: «Comey è uno spione e un bugiardo. Tutti a Washington pensavano che andasse licenziato per il pessimo lavoro fatto. Ha divulgato informazioni classificate, dovrebbe essere perseguito. Ha mentito al Congresso».

E ha aggiunto: «È stato un onore per me licenziarlo».

Licenziare Comey però non ha messo Trump al riparo dal Russiagate che sembra invece accelerarsi dopo le perquisizioni dell’Fbi nell’ufficio, la camera d’albergo e l’abitazione del suo avvocato personale Michael Cohen; ora potrebbe saltare l’interrogatorio a The Donald del procuratore speciale Robert Mueller.

I legali di Trump hanno infatti interrotto i negoziati sui dettagli, per la Nbc in quanto il team di Mueller, con il materiale acquisito nelle perquisizioni – «una miniera d’oro» – non avrebbe più nemmeno bisogno di sentire il presidente.

Secondo il Time, dopo la perquisizione a Cohen il presidente è solo nella bufera; il partito repubblicano si sta sfaldando con pezzi da 90, come il leader Gop alla Camera Paul Ryan che annuncia di non cercare la rielezione, i venti di guerra che alza vengono, al momento, mitigati dal Segretario della Difesa, è costretto a far marcia indietro sul Tpp per proteggere una parte della sua base, gli agricoltori e gli allevatori americani che si occupano di esportazione, e del muro col Messico «pagato dai messicani» non si hanno date di inaugurazione.

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