Pentagono: «Troppo ambizioso per Kiev tornare ai confini del 91»
Il limite ignoto In Donbass e a Bakhmut gli ucraini potrebbero presto lanciare una controffensiva
Il limite ignoto In Donbass e a Bakhmut gli ucraini potrebbero presto lanciare una controffensiva
«La restituzione dell’intero territorio all’Ucraina, secondo i confini del 1991, è un compito troppo grande, che sarebbe estremamente difficile da risolvere con mezzi militari». Lo ha detto ieri il capo di Stato maggiore congiunto statunitense Mark Milley durante un’audizione presso la Commissione per gli stanziamenti della Camera.
«Tale obiettivo, dichiarato dal presidente Zelensky, è troppo ambizioso», ha ammesso Milley, rispondendo a una domanda. Ovviamente, poco dopo l’alto generale ha chiarito che sarà solo Kiev a poter decidere le condizioni per la fine del conflitto. «Come ha detto il presidente (Joe Biden, ndr) e come stabilito dalle sue direttive, questa è una decisione che prenderà l’Ucraina. Il nostro compito è aiutarla a difendersi. Non siamo in guerra con la Russia», ha aggiunto.
POCO DOPO il Segretario di stato Usa, Antony Blinken, ha chiarito che Washington è pronta a cooperare con Mosca per una soluzione in Ucraina, ma non vede alcun desiderio della controparte in tal senso. «Se vedessimo qualche segno che la Russia è determinata e pronta a una significativa cooperazione diplomatica per fermare questa aggressione, lo coglieremmo al volo. Purtroppo, ad oggi non abbiamo visto tali segnali», ha affermato Blinken, forse rispondendo anche alle polemiche che negli ultimi giorni hanno investito l’amministrazione di Biden rispetto al cosiddetto «piano di pace cinese».
PER TUTTA LA SETTIMANA, infatti, la Casa bianca è stata accusata da più parti, senza citare Mosca e Pechino, di ostruzionismo rispetto alla proposta cinese. Washington non vede di buon occhio il nuovo asse sino-russo e questo è un fatto. Ma neanche Kiev è felice che in un momento così delicato sul campo di battaglia il Cremlino abbia trovato una nuova sponda. Anche perché nel punto focale degli scontri armati tra ucraini e russi la situazione potrebbe cambiare presto.
L’intelligence di Kiev, attraverso le parole di Vadym Skibitskyi, vice-capo dei Servizi militari, ritiene che Mosca sarebbe ormai incapace di «condurre un’offensiva in più direzioni» aggiungendo una valutazione molto interessante rispetto agli scopi dell’operazione militare speciale. L’esercito russo si sarebbe ridotto a un «unico obiettivo: raggiungere i confini amministrativi delle regioni di Donetsk e Lugansk». Tuttavia, secondo il funzionario, la manovra non sta sortendo gli effetti sperati poiché «ciò richiede la pianificazione e la conduzione di operazioni strategiche su larga scala». In altri termini, nonostante Mosca stia continuando a bersagliare zone diverse del Donetsk, Avdiivka e Lyman in particolare, lo sfondamento è attualmente fuori questione.
Senza contare che al momento le forze armate di Zelensky si starebbero addirittura preparando a un contrattacco su Bakhmut. Lo dicono il ministero della Difesa britannico, l’Istituto per gli Studi sulla Guerra e il comandante delle forze di terra ucraine, Oleksandr Syrsky. Secondo quest’ultimo i soldati russi nell’area sarebbero «stremati» ma non hanno perso «la speranza di prendere Bakhmut a tutti i costi, nonostante le perdite di uomini e attrezzature». Perciò, «molto presto approfitteremo di questa opportunità». È quantomai singolare che una possibile conferma di tale eventualità è giunta dal capo della Wagner in persona. Evgeny Prigozhin ha infatti affermato che «il nemico ha concentrato un raggruppamento di oltre 80mila militari intorno a Bakhmut» che potrebbero, addirittura, essere usati per raggiungere Belgorod, in territorio russo. Ma sappiamo che Prigozhin non perde occasione per tentare di convincere l’opinione pubblica russa che l’apporto dei suoi uomini sia fondamentale per vincere questa guerra.
A PROPOSITO della Wagner, Bloomberg ieri ha diffuso la notizia che la compagnia sarebbe pronta a «disimpegnarsi» dall’area del Donbass per spostarsi in Africa a causa della decisione dei vertici militari russi di tagliare le forniture di uomini e munizioni. Poco dopo lo stesso Prigozhin ha smentito l’indiscrezione dal suo canale Telegram: «Sembra che Bloomberg sappia meglio di noi quello che faremo. Fino a quando il nostro Paese ha bisogno di noi, rimarremo a combattere in Ucraina».
Ma non è stata l’unica smentita della giornata. A metà pomeriggio Kiev aveva annunciato il ritiro delle truppe russe da Nova Kakhovka, la cittadina famosa per la presenza della diga sul fiume Dnipro, nella regione di Kherson. Ma nel giro di poche ore c’è stata prima la smentita russa e poi le scuse ucraine, che imputano all’uso «scorretto dei dati disponibili» la fallace dichiarazione.
INTANTO LA SLOVACCHIA ha annunciato che i «primi 4 caccia Mig-29 sono stati inviati in sicurezza alle forze armate ucraine», provocando la reazione piccata di Mosca che ha parlato di «un altro passo che indica che nella questione ucraina i Paesi della Nato e dell’Ue continuano il percorso verso l’escalation del conflitto».
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