Non c’è riuscita con il flop Quota 100, ci riprova con Quota 41. Le pensioni sono e saranno un tema caldo della campagna elettorale visto che senza interventi legislativi dal primo gennaio 2023 tornerebbe quasi interamente la legge Fornero: 67 anni di età per andare in pensione di vecchiaia; almeno 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne per la pensione anticipata, indipendentemente dall’età.

Ieri la Lega di Salvini ha rilanciato la sua proposta: una riduzione di meno di due anni sulla sola pensione anticipata.

«La Lega ha le idee chiare in materia previdenziale: vogliamo rendere strutturali Quota 41, opzione donna e Ape sociale», dicono in una nota il responsabile lavoro della Lega Claudio Durigon – sottosegretario che gestì Quota 100 nel governo gialloverde Conte 1, costretto a dimettersi nel 2021 dal governo Draghi per la bufera scaturita dalla sua proposta di tornare al vecchio nome del parco di Latina, dedicato al fratello di Mussolini, al posto della denominazione “Falcone e Borsellino” – e di chi ha preso il suo posto nel governo Draghi, Federico Freni.

In realtà la proposta della Lega favorirebbe nuovamente le stesse categorie che hanno scelto Quota 100: dipendenti pubblici in primis che hanno continuità contributiva e carriere lineari.

Non certo le categorie ad oggi più svantaggiate in termini previdenziali: le donne – che pagano la discontinuità dovuta al lavoro di cura di figli e genitori anziani – e precari – con pochi e discontinui contributi – che vedono il traguardo di 41 anni lontanissimo.

Per Durigon e Freni (e per Salvini e tutta la Lega) addirittura «con gli interventi proposti si realizza definitivamente l’obiettivo di cancellare la riforma del governo Monti».

Niente di più falso: rimarrebbero i 67 anni di età per la pensione di vecchiaia, destinata ad aumentare nei prossimi anni grazie al meccanismo di adeguamento automatico all’aspettativa di vita che, dopo la pandemia, tornerà fatalmente ad alzarsi.

Come sempre le proposte della Lega dimenticano completamente giovani e precari, escludendo la pensione contributiva di garanzia che permetterebbe loro il riconoscimento dei periodi di lavoro intermittente, garantendo un assegno dignitoso (intorno ai mille euro) a 65 anni con 40 anni di attività, come nella proposta dell’economista Michele Raitano. Per la Lega invece Quota 41 avrebbe un fantastico effetto collaterale sui giovani: «Maggior spazio ai giovani in cerca di primo impiego, permettendo a 800 mila persone in un triennio di godersi il meritato riposo dopo una vita di sacrifici, così come hanno già fatto in 400mila grazie a Quota 100». Peccato che proprio Durigon aveva scritto nella legge su Quota 100 che si attendevano un milione di domande, ottenendone invece meno del 40% a consultivo.

L’ultima panzana riguarda la copertura finanziaria dell’operazione: «Non ci sarà alcun problema di sostenibilità – assicurano Durigon e Freni – : grazie a Quota 100 è stato eliminato il bacino creato dalla legge Fornero che per molti anni ha impedito alle persone di andare in pensione».

In realtà l’unico aspetto positivo di Quota 100 sono stati i 7 miliardi risparmiati dalle poste di bilancio. Ma in buona parte già utilizzati per altri capitoli o per ridurre il debito pubblico: a dimostrazione della continuità di visione con la riforma Fornero, servita per ridurre il rapporto debito/Pil di parecchi punti dal 2011 a oggi e in futuro. Insomma, anche con la Lega rimane l’austerità previdenziale.