Ora c’è anche il bollino dell’Ufficio parlamentare di bilancio a certificarlo: come i lettori del manifesto sanno bene dal 2019 Quota 100 è stato un flop e ci sono almeno 10 miliardi risparmiati a bilancio. Di cui però 5 già usati per altri scopi e dunque sottratti al capitolo pensioni.

Ma già con 5 miliardi si potrebbero coprire gran parte delle richieste dei sindacati a partire dalla “pensione di garanzia contributiva” per giovani e precari e la flessibilità in uscita a partire dai 62 anni.

Il convegno Inps-Upb ha permesso di mettere la parola fine alle panzane portate avanti dal “governo del cambiamento Lega-M5s”. Quota 100 doveva essere la realizzazione della promessa elettorale del 2018 di Matteo Salvini: “Cancellare la Fornero”. Che invece, senza interventi quest’anno, tornerà praticamente uguale dal 2023.

L’analisi dell’Ufficio parlamentare di bilancio non è smentibile: “Quota 100” al 31 dicembre 2021 – e dunque in 3 ani – ha mandato in pensione 379.860 persone. Salvini aveva sempre parlato di  “un milione di persone”. La proporzione è presto fatta: poco più di un terzo dell’obiettivo fissato.

Altro dato inconfutabile. “La spesa effettiva – di consuntivo sino al 2021 e proiettata dal 2022 al 2025 – potrà attestarsi a circa 23 miliardi. Si tratta di un importo inferiore di circa 10 miliardi rispetto ai 33,5 originariamente stanziati dal Decreto Legge 4/2019 e di oltre 5 miliardi se si tiene conto dei definanziamenti decisi solo pochi mesi dopo nell’ambito della Nadef 2019 e nella legge di bilancio per il 2020″.

I criteri fissati – 62 anni di età e 38 di contributi – hanno favorito alcune categorie a partire dai dipendenti pubblici: un terzo dei pensionati (119.320 pari al 32% del totale) sono dipendenti pubblici che invece sono il 16% dei lavoratori totali. Dunque la loro incidenza su Quota 100 è doppia.

Ad andare in pensione sono stati in gran parte uomini, a conferma dei problemi di continuità contributiva delle donne, penalizzate dal lavoro di cura in famiglia per figli e genitori anziani.

Ancora peggio sta andando Quota 102, la norma in vigore quest’anno, anche questa inventata dall’ineffabile Alberto Brambilla. “ Nei primi cinque mesi del 2022 sono pervenute all’Inps circa 3.860 domande per il pensionamento con Quota 102 (64 anni di età e 38 di contributi) di cui il 58 per cento dal comparto pubblico e la restante parte da quello privato”, si legge nello studio Inps-Upb.

Durante la presentazione il presidente dell’Inps Pasquale Tridico ha stimato i costi di alcune possibili misure di riforma. “La cosiddetta Quota 41, indipendente dal requisito anagrafico, (proposta da Salvini e subordinata alla flessibilità dai 62 anni per i sindacati, che privileggerebbe i lavoratori con continuità contributiva, non certo i precari, ndr) senza incrementi della speranza di vita e con finestre trimestrali, costerebbe 17-18 miliardi, secondo le previsioni Inps; l’opzione del calcolo contributivo, con 64 anni di età e almeno 35 di anzianità contributiva, a condizione di aver maturato un importo della pensione pari ad almeno 2,2 volte l’assegno sociale (anzichè 2,8 volte), costerebbe 6 miliardi; infine, l’anticipo della quota contributiva con almeno 63 anni, 20 di contributi e un importo minimo di 1,2 volte l’assegno sociale (al compimento del requisito di vecchiaia viene riconosciuta anche la quota retributiva, ipotesi caldeggiato dallo stesso Tridico, ndr) costerebbe 3,5 miliardi”.

Molto critica la Cgil. “L’analisi conferma le stime che la Cgil aveva fatto a suo tempo, da molti contestate. Quota 100 si è rivelata marginale e temporanea, ha coinvolto solo un terzo delle persone che avevano maturato il diritto», afferma Christian Ferrari, il neo segretario confederale, ribadendo che «è necessaria una vera riforma che superi strutturalmente e definitivamente la legge Monti-Fornero”. Ezio Cigna, responsabile previdenza pubblica, aggiunge che proiettando i dati di Quota 102 nei cinque mesi del 2022 (3.860 domande) a tutto l’anno, “risultano altrettanto esatte le stime che abbiamo effettuato: 8.524 soggetti avranno accesso a tale anticipo”. Quindi, Quota 102, incalza Ferrari, «è una misura inutile, che non da alcuna risposta. È necessario che il Governo riapra al più presto il tavolo, interrotto a febbraio per la crisi geopolitica», aggiunge ricordando la piattaforma sindacale per garantire flessibilità in uscita «per tutti dopo i 62 anni, con interventi che tengano conto di donne, lavoratori discontinui e precoci, lavori gravosi e usuranti, e introducendo una pensione contributiva di garanzia per i giovanì.

Sulla stessa linea la Uil. «I 10 miliardi di euro risparmiati su Quota 100, attestati oggi dall’Inps, consentono di continuare a introdurre una flessibilità di accesso più diffusa al pensionamento nella prossima Legge di Bilancio», commenta il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti. «La Uil – prosegue – chiede al governo un incontro politico per valutare le ipotesi e gli approfondimenti fatti nei mesi scorsi sul tavolo tecnico, anche sui temi dei giovani, delle donne e del rilancio delle adesioni alla previdenza complementare».

«Il meccanismo delle quote rigide, come è stato quota 100, non ha prodotto i risultati auspicati. Occorre andare ad un sistema più flessibile ed equo per andare in pensione a partire da 62 anni o con 41 anni di contributi senza vincoli sull’età», commenta il segretario confederale della Cisl Ignazio Ganga. «Non è più procrastinabile – sottolinea – una nuova riforma del sistema previdenziale, improntata ad una maggiore equità. Serve al più presto trovare soluzioni utili per una diversa flessibilità di accesso al pensionamento a partire dalle esigenze dei giovani e delle donne. La Cisl chiede al governo risposte immediate alle istanze presentate nella piattaforma sulla previdenza: accesso alla pensione dai 62 anni, la possibilità in ogni caso di ottenere la pensione con 41 anni di contributi senza vincoli sull’età».