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Pd, nasce il comitato dei 100 per riscrivere l’identità del partito

Pd, nasce il comitato dei 100 per riscrivere l’identità del partitoLa direzione Pd – LaPresse

La crisi dem Proteste sulla scelta dei componenti, entra Speranza, fuori Bettini. I sindaci Nardella e Ricci fanno squadra per sfidare Bonaccini. Letta lancia la battaglia contro la manovra di Meloni «inadeguata, iniqua e improvvisata»

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 25 novembre 2022

«Non ci sarà congresso se non ci sarà una fase costituente efficace». Enrico Letta tira dritto, pur tra mille difficoltà, con l’obiettivo di scrivere una nuova carta d’identità del Pd prima che inizi lo scontro diretto tra i candidati leader. Lui stesso è consapevole delle difficoltà, in un partito ancora tramortito dalla sconfitta e diviso anche sui fondamentali.

«Abbiamo davanti un pertugio, un cammino stretto, dobbiamo percorrerlo insieme», ha detto ieri alla direzione, che ha votato a larga maggioranza il comitato costituente di circa 100 persone che avrà il compito di scrivere il nuovo manifesto dei valori (che sarà approvato dall’assemblea il 21-22 gennaio).

DENTRO IL COMITATO C’È tanta nomenklatura dem: parlamentari ed ex, sindaci, assessori, governatori, gli attuali e i futuri candidati alla segreteria, da Bonaccini a De Micheli. C’è anche Roberto Speranza, il segretario di Articolo 1, che guiderà l’organismo insieme a Letta, sancendo il ritorno ufficiale dei bersaniani nella casa madre.

Un terzo sono esterni, tra questi scrittori come Viola Ardone e Maurizio De Giovanni, intellettuali e docenti come i sociologi Chiara Saraceno e Mauro Magatti, Filippo Andreatta, i filosofi Michele Ciliberto, Roberto Esposito e Giorgia Serughetti, Luigi Manconi, Nadia Urbinati, Simone Romagnoli delle Acli, Massimiliano Tarantino della fondazione Feltrinelli e l’economista Carlo Trigilia (che fu ministro della coesione nel governo Letta). E ancora: il segretario della fondazione Italianieuropei Mario Hubler e l’ex ministro Enrico Giovannini.Tra gli ex parlamentari spiccano Luigi Zanda, Barbara Pollastrini, Cesare Damiano, la prodiana Albertina Soliani e Andrea Romano.

PRESENTE IN FORZE il gruppo dirigente nazionale, da Andrea Orlando a Peppe Provenzano, le capogruppo Malpezzi e Serracchiani, Irene Tinagli, Matteo Orfini, Graziano Delrio e Gianni Cuperlo. Si notano alcune assenze di peso, come i capi corrente Dario Franceschini e Lorenzo Guerini (una decisione concordata con Letta) e Goffredo Bettini, che sta animando il dibattito congressuale con il suo libro «A sinistra. Da capo», ma a quanto risulta non sarebbe stato neppure contattato. Uno sgarbo che ha anche un sapore politico, visto che Bettini tra i dirigenti è quello che propone la revisione più drastica della linea del partito, con il ritorno alla critica del capitalismo.

LE PROTESTE ARRIVANO da varie parti: Chiara Gribaudo (tra gli astenuti) contesta la «mancanza di trasparenza» nella selezione dei componenti, a partire dai parlamentari. Paola De Micheli, la prima candidarsi aalla segreteria, ci va giù ancora più duro: «Dalla direzione la conferma di un percorso burocratico». Contrario anche il gruppo di donne, guidato da Alessandra Moretti, che aveva chiesto l’anticipo delle primarie: «Nei nomi scelti da Letta rileviamo un tentativo di autoconservazione di una classe dirigente che ha fallito».

NOVITÀ SUL FRONTE delle candidature. Tra domani e domenica si attendono le mosse dei sindaci di Firenze e Pesaro Dario Nardella e Matteo Ricci, che mercoledi si sono visti e hanno deciso di fare squadra in vista del congresso. Ricci presenterà le sue «dieci idee per il nuovo Pd» domani al circolo San Giovanni a Roma, Nardella riunirà i suoi nella capitale domenica, ci saranno anche Michele Emiliano e il sindaco di Bologna Matteo Lepore. «La forza dei sindaci è fondamentale per una vera rinascita del Pd», spiegano i due primi cittadini.

Probabile l’ipotesi di un ticket, con Ricci sulla fascia sinistra e Nardella spostato al centro. «Se mi candido? A me interessa parlare di idee, i nomi verranno. Tra un po’ di tempo, non tanto, ma decideremo. Bisogna mettere le idee al centro», dice il sindaco di Firenze. Attorno a loro potrebbe coagularsi un’area variegata di chi non vuole Bonaccini e neppure Schlein, da Franceschini a pezzi della sinistra se Orlando alla fine dovesse rinunciare. Sulle scelte dell’ex ministro del Lavoro pesa una certa freddezza di parte dei suoi: i più giovani, a partire da Provenzano e Brando Benifei, guardano con un certo interesse alle mosse di Schlein.

FONDAMENTALE NELLE prossime settimane del Pd sarà la mobilitazione contro la manovra, che culminerà con la manifestazione del 17 dicembre a Santi Apostoli. «Una legge improvvisata, iniqua e inadeguata», ha tuonato Letta annunciando battaglia per il salario minimo. Il responsabile economico Antonio Misiani ha definito «irresponsabile» togliere il reddito di cittadinanza, unico strumento di contrasto alla povertà. «Nella manovra c’è una idea di paese che gioca in serie B e si rivolge alle imprese in difficoltà dicendo “fate un po’ di nero e contenete i salari”», l’accusa di Orlando.

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