Paulo Freire e la sua lotta per un’educazione popolare e democratica
L’ha detto proprio lui con quella frase: «um mundo menos feio, menos malvado e menos desumano». Paulo Freire (1921-1997) ne fece il suo mantra durante una vita dedicata a una lotta continua di insegnamento per una alfabetizzazione critica dove si impara a leggere non solo la parola, ma il mondo – l’una insieme all’altro. È la lotta per aiutare a creare ambienti e condizioni per processi di conscientização: il processo di lettura critica del mondo che si realizza attraverso la praxis, concetto che risale almeno ai tempi dell’antica Grecia e soprattutto ad Aristotele, da non confondere con prassi, nella sua accezione di abitudine.
Al contrario, praxis si riferisce al processo di riflessione sull’azione, la presa di distanza da essa, per una riemersione critica tesa alla trasformazione in un mondo – appunto – meno disumano: il mondo auspicato da Freire e da tutti coloro che condividono il suo sogno o varianti del suo sogno all’insegna della giustizia sociale, come quello di educatori italiani che si potrebbero studiare a fianco di Freire, come don Lorenzo Milani, Ada Gobetti, Danilo Dolci, Mario Lodi o grandi intellettuali pubblici come Antonio Gramsci e Pier Paolo Pasolini.
MOLTI DI LORO hanno sofferto per il loro pensiero e la vita attiva, non solo contemplativa; come ben noto, alcuni hanno pagato con la morte, come Gramsci che – nelle parole di Enrico Berlinguer – è stato «scientificamente» assassinato dal fascismo. Freire non era da meno in questo senso. Non fu ucciso come altri, per esempio Cesc Ferrer I Guardia o Federico Garcia Lorca, ma fu espulso dal suo Brasile dopo il golpe militare del 1964 e continuò a soffrire persecuzioni dalla destra estrema, come quando il governo golpista totalitario di Augusto Pinochet lo dichiarò – molti anni dopo la sua partenza dal Cile – persona non grata, etichetta assegnata anche ad Alberto Manzi da regimi di questa specie in altri paesi dell’America Latina.
FREIRE HA CONTINUATO a subire ingiurie anche dopo la sua morte. Il governo di Jair Bolsonaro ha cercato in tutti i modi di minare l’influenza di Paulo Freire sul pensiero pedagogico brasiliano con l’ideologia della Escola sem Partido (Scuola senza Partito) – chiaro riferimento alla constatazione di Freire che non esiste un’educazione neutrale. Bolsonaro ha anche cercato di privare Freire del titolo di patrono dell’educazione brasiliana, conferitogli dal governo PT di Dilma Rousseff. Il tentativo è fallito a causa di pressioni nazionali e internazionali che hanno visto coinvolte persone di rilievo, tra cui l’ex sindaca di são Paulo, Luiza Erundina e la moglie di Paulo, Ana Maria Araújo Freire (nota come Nita).
La redazione consiglia:
Paulo Freire, un alfabeto di speranzaPROPRIO QUELLA DI NITA è una delle testimonianze più profonde in Paulo Freire. Un alfabeto di speranza (tab edizioni, pp. 264, euro 19) di Paolo Vittoria, rivisitazione aggiornata di Narrando Paulo Freire, libro pubblicato nel 2008 con la Carlo Delfino e che ha avuto molte traduzioni nel corso di questi anni: un lavoro molto dettagliato su un personaggio che continua a scuotere anime come grande baluardo di una politica di trasformazione sociale.
MALGRADO LA REPRESSIONE e delusioni che hanno subito alcuni dei popoli con i quali Freire ha avuto a che fare, non ha mai perso la speranza e la voglia di sognare un altro mondo che è possibile – un sogno che ha le sue radici nei vari contesti esistenziali che ha conosciuto. Si progetta – attraverso i vari capitoli – questo profilo consistente di un Freire itinerante.
Paolo Vittoria conosce molto bene Freire e il suo contesto, ha vissuto il suo Brasile in prima persona, avendovi insegnato a livello universitario per tanti anni e conosce la lingua portoghese-brasileira come se fosse madrelingua.
Siamo davvero di fronte a una miniera di pensiero freiriano, critica freiriana, documentazione, dettagli biografici, interviste inedite e collegamenti con i podcast pubblicati su questo giornale. Si tratta di un libro che afferma quanto valido, anzi validissimo sia il pensiero di Freire per combattere oggi la piaga terribile e «pandemica» del discorso neoliberista, ponendo le fondamenta per un’educazione popolare e democratica, concepita come bene pubblico e certamente non mera merce di consumo.
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