Ecletticamente mordace e favolisticamente imperitura ha coniugato stilemi e variazioni, dall’astrattismo al figurativo, Paula Rego (Lisbona, 1935) è scomparsa proprio quando la «conquista del ruolo», che aveva agognato per anni, le veniva riconosciuto con la partecipazione alla 59/a Esposizione Internazionale di Arte di Venezia (2022) nella mostra Il latte dei sogni curata da Cecilia Alemanni. Una disdetta.

CERTO, REGO non è mai stata una artista sperimentale come la sua concittadina lisboeta Helena Almeida. È stata una donna di carattere, piuttosto, che ha risposto con la forza dell’arte alla dittatura di Salazar che con il controllo dell’Estado Novo (analogo nei princìpi corporativi al fascismo di Mussolini) ha sottomesso il Portogallo. Rego, dunque, abbandona la terra natia nel 1951e si trasferisce in Inghilterra, dove studia alla Slade School of Fine Art di Londra, diventando membro del London Group, insieme a David Hockney e Frank Auerbach.

LE VICISSITUDINI POLITICHE del suo paese si ripercuotono fortemente sul suo lavoro. Il rovesciamento di Salazar con la Rivoluzione dei Garofani nel 1974, e il conseguente default industriale della sua famiglia (il padre era un ingegnere antifascista della Marconi Company) la inchioda in quel di Londra. Qui inizia e si perpetua la sua ricerca. Un lavoro sghembo e in continuo progress dove gli accenti realistici delle sue tele si ibridano a suggestioni surrealistiche, che si irrorano di un senso – appunto – favolistico, quasi carrolliano e di uno stupore fantastico.

La sala dedicata a Paula Rego della Biennale d’arte 2022, nel padiglione centrale per la mostra “Il latte dei sogni” (photo Ela Bialkowska OKNO studio), courtesy La Biennale

Tutta la sua opera è intessuta da un pervasivo senso di ribellione e di conquista per i diritti, soprattutto quelli del gender con la serie Dog Women, iniziata nel 1994 e con Female Genital Mutilation del 2008-2009, intrise di drammaticità e di vulnerabilità. Subito dopo il fallimento del referendum in favore dell’aborto in Portogallo, nel 1998,

Paula Rego, stupefatta e avvilita, realizza la serie Abortion (1998-99) nelle cui tele vibra tutto il risentimento per la sconfitta referendaria che è la condanna delle portoghesi. È questo un lavoro doloroso che l’artista compie audacemente, nella sottilizzazione disperante con cui le donne comuni affrontano l’aborto illegale. L’asprezza delle espressioni e delle posture riportano l’agonia di un diritto e di una scelta cancellati. Lo stesso abominio che aveva provato negli anni Sessanta contro il totalitarismo salazariano e che l’avevano spronata a dipingere il ciclo Salazar Vomiting the Homeland, tra i quali Salazar a vomitar a Pátria, (1960) in cui il dittatore prevarica il Paese vomitando.

La sua è sempre stata una contrapposizione politica frontale, per nulla filigranata da intenti concettuali o metaforici o da equilibrismi linguistici. Rego, forse alimentata da una vis d’altri tempi, più autentica e allo stesso tempo naif, si sentiva e si viveva come sincero supporto alle campagne per i diritti civili.

Tutta questa narrativa spesso violenta e drammatica, trova il suo collante in una immaginazione che sposta tutto da un avvilente realismo ad un intreccio visionario. Infatti il suo mondo versatile scivola nella fiaba quando accorpa docili animali e creature infantili in situazioni familiari o bucoliche, o quando alleggerisce se stessa con un intimismo femminile, espressivo e mnemonico.

GRAZIATA da un riporto stilistico forte e attrattivo, le sue tele acentriche si sviluppano in personaggi quasi grotteschi, coloratissimi e penetranti che disfano l’idea stessa di prospettiva. Rego, famosissima in UK, era stata perfino nominata Dama dell’Ordine dell’impero britannico, sempre al centro di programmi televisivi e di biopic, per la sua turbolenta esistenza, è stata omaggiata nel 2018 col documentario della Bbc, Paula Rego, Secrets & Stories, diretto dal figlio Nick Willing, vincitore del Royal Television Award come miglior programma artistico.

Tra le sue mostre più importanti si ricordano le antologiche alla Calouste Gulbenkian Foundation di Lisbona e alla Serpentine Gallery di Londra, alla Tate Liverpool e al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia di Madrid. L’anno scorso la Tate Britain le ha dedicato una ampia e affascinante antologica di 100 opere.