Gli spagnoli sanno già cosa succederà dopo il 23 luglio se il partito socialista non riuscirà a formare una maggioranza con Sumar, la coalizione alla loro sinistra: il partito popolare si metterà d’accordo in un battibaleno con l’estrema destra di Vox per ripartirsi il paese.

I DUE PARTITI ieri hanno firmato il patto che sancisce la fine del tripartito di sinistra nella Comunità valenziana: ai 40 seggi ottenuti dal partito popolare alle Corts, Vox aggiungerà con gusto i propri 13 seggi per raggiungere la maggioranza (sui 99 seggi in totale della camera regionale). Quella valenziana era una piazza che per il Pp era molto importante riconquistare. Per anni avevano fatto il bello e il cattivo tempo, e i livelli di corruzione avevano trascinato il partito in moltissimi processi giudiziari che alla fine avevano travolto indirettamente anche l’ex premier Mariano Rajoy.
Il 28 maggio la destra ha riconquistato con forza la maggioranza nella regione, complice la caduta di Compromís, partito valenziano di sinistra, e la scomparsa di Podemos. Assieme ai socialisti, dal 2015 i tre partiti formavano il cosiddetto “accordo del Botànic”, dal nome del giardino botanico dell’università di Valenza dove venne firmato: un’alleanza di sinistra che aveva portato il socialista Ximo Puig alla guida di una regione che dal 1995 aveva sempre controllato il partito popolare.

IL PP TORNA quindi a sedere nel palazzo della Generalitat valenciana con Carlos Mazón, il futuro presidente; ma stavolta lo dovrà fare accompagnato da Vox. Un partito il cui capolista, Carlos Flores, è stato condannato per violenza contro sua moglie: l’unico gesto che il Pp ha ottenuto dai loro nuovi alleati è stato quello di appartare questo violento dalla prima linea. Non farà parte del futuro governo valenziano, perché sarà il numero uno del partito verde muco alle elezioni nazionali di luglio. Ma l’immagine di sei uomini, tra cui Mazón e Flores, seduti attorno a un tavolo rendeva chiaro il cambiamento politico: nell’alleanza del Botànic, il peso delle donne era tutt’altro.
Anche il presidente delle Corts sarà di Vox, così come un quinto dei consiglieri del governo. In questo modo, la comunità valenziana diventa la regione più importante dove Vox entra direttamente nel governo, cosa che nel 2019 era già accaduta in Murcia e in Castiglia La Mancia. In altre quattro regioni (Aragón, Murcia, Cantabria e le Baleari) i popolari stanno negoziando di ottenere l’astensione della destra estrema, senza però farli entrare direttamente nel governo. A Madrid e La Rioja, invece, il Pp ha ottenuto la maggioranza assoluta.

Il Pp intanto sta negoziando con l’alleato alla sua destra anche la guida anche di 135 comuni, che in linea di massima si dovranno costituire questo sabato in tutta la Spagna.
Né Vox, né il Pp lo nascondono: i negoziati sono in corso, e senza nessun cordone sanitario contro Vox. Tra le grandi città che probabilmente finiranno per essere guidate dalla destra ci sono la stessa Valencia, Siviglia, Saragozza, Valladolid, o Toledo.

PER I COMUNI, la principale incognita è quello che accadrà a Barcellona: al candidato nazionalista di destra Xavier Trias, di Junts, toccherebbe governare, con 11 consiglieri su 41; ma la sindaca uscente Ada Colau sta cercando di convincere da settimane Esquerra Republicana e socialisti a formare una maggioranza alternativa (di 24 consiglieri). L’ultima sua proposta per sbloccare la trattativa è stata quella di ripartirsi la guida della città: un anno a Esquerra, e uno e mezzo a testa per il partito dei Comuns e socialisti, che così arriverebbero alle prossime elezioni guidando la città. Ma sia socialisti che Esquerra hanno respinto sdegnati la proposta.