Dovere spendere qualche riga per spiegare l’inopportunità di patrocinare a Milano un evento (mostra fotografica) dedicato al battaglione Azov e reclamizzato attraverso un ritratto in bianco e nero del volto di Denys Prokopenko, comandante del battaglione, rappresenta già il segnale di una grave e diffusa crisi del pensiero critico. Un meccanismo di omologazione che vede le persone dividersi in tifoserie e ripetere slogan, mentre la memoria personale e collettiva ormai non supera l’ultimo aggiornamento social via cellulare. Con alcune inevitabili conseguenze di stile neomaccartista, come ben sintetizzato dall’ex vice-sindaco di Milano, Luigi Corbani: “Mi secca alquanto questo meccanismo per cui se non sei d’accordo con Zelenskiy o con le scelte della Nato o degli Usa, o con una mostra di chi ha nel simbolo la svastica, sei per forza di cose un russofilo.”

Nel 2019 al Congresso Usa, non al Cremlino, venne presentata una formale richiesta al Dipartimento di Stato americano finalizzata a dichiarare il battaglione Azov “organizzazione terroristica”; come primo firmatario un ufficiale dell’esercito USA reduce dalla guerra in Afghanistan, Max Rose. La motivazione? “Il battaglione Azov rappresenta un’organizzazione neonazista e suprematista che ha avviato rapporti anche con i suprematisti d’oltreoceano presenti negli Stati uniti”. L’anno prima, durante un tour in Europa, Trump aveva detto che Hitler aveva fatto molte cose buone…

E’ nota a tutti (anche se progressivamente passata in secondo piano, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina) la storia del battaglione Azov, del suo fondatore, dei gruppi di estrema destra che vi sono confluiti; sono ben noti la cultura, i valori, i legami, la stessa simbologia di riferimento come la runa Wolfsangel, utilizzata da un battaglione delle SS e ripresa in Italia dall’organizzazione eversiva neofascista Terza Posizione, operativa dal 1978 al 1982 e sciolta dopo una serie di arresti e processi. Tutto questo rappresenta qualcosa che dovrebbe essere totalmente estraneo alla cultura repubblicana nata dalla lotta contro il nazi-fascismo, estraneo alla Milano Medaglia d’oro della Resistenza: e allora perché sostenere e patrocinare questa iniziativa simbolica che simboleggia l’esatto contrario dei nostri valori e ideali? Perché conformarsi e praticare questa rinuncia identitaria, proprio in una fase in cui il suprematismo rialza la testa ovunque? Non in mio nome.

Non voglio esagerare la cosa oltre la sua reale dimensione. Quello che mi allarma davvero è che nel minestrone dell’opportunismo politico e dell’indifferenza valoriale ormai può passare di tutto. Domani qualcuno potrebbe organizzare un evento dedicato al sano esempio di socializzazione del tifo calcistico, invitando gli ultras Curva Nord del Verona. Spero, in questo caso, senza il patrocinio della Federazione gioco calcio. Il patrocinio è un atto revocabile. Sarebbe un bel segnale di esistenza (più che di resistenza…) della sinistra a Milano.

*Consigliere comunale a Milano della Lista Sala