La Pasqua del 2024 rimarrà presumibilmente negli annali americani come quella in cui il diavolo si è messo a vendere l’acqua santa, ovvero quando Donald Trump si è dato alla televendita di Bibbie. Negli spot l’ex presidente brandisce una speciale edizione del testo sacro col sottotitolo di “Dio benedica gli Usa” ed una copertina in pelle stampata con stelle e strisce in rilievo. Oltre ai vangeli, la special edition contiene la costituzione americana, il testo dell’inno nazionale e quello del giuramento alla bandiera, oltre alle parole di “God Bless the Usa”, canzone spesso usata per infervorare la folla ai comizi di Trump.

In offerta specialissima a $59.99, il kit patriottico certifica che gli Stati uniti sono nazione preferita dell’onnipotente e la cristiana sua unica legittima religione – il credo “cristo-nazionalista” del movimento, sempre più esplicitamente cavalcato da Trump che ha di recente preso ad auto definirsi unto del signore. Un volume insomma adatto ad impreziosire gli scaffali di ogni teocon disposto a chiudere due occhi sulla condotta notoriamente scarsamente devota del venditore. Ugualmente nota è, d’altronde, la disponibilità dei sostenitori a perdonare ogni trasgressione al leader che considerano investito di autorità divina (o perlomeno in grado di nominare altri togati integralisti alla Corte suprema).

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Le ultime esternazioni di Trump in tema di religione sono state la dichiarazione che “se voti democratico, non puoi essere cristiano” e, “se sei ebreo e voti democratico, odi Israele e la tua stessa religione.” Ma dietro i toni grotteschi della sua pietà farsescamente performativa c’è l’ennesima constatazione di quanto sia imperituro il sodalizio fra Trump e lo zoccolo duro della sua base…inscalfibile, pur d’innanzi ad ogni nuova performance di plateale insincerità. Un fanatismo pseudo-religioso che sarà fattore determinante nelle elezioni.

In campo avversario la settimana ha visto anche il “summit” di Joe Biden, Barack Obama e Bill Clinton, riuniti al Radio City Music Hall di New York per un fundraiser “all-star” dei tre presidenti democratici che ha fruttato $25 milioni ai forzieri della campagna democratica. In risposta Trump ha annunciato un evento analogo che il 6 aprile dovrebbe riunire in Florida un consesso di miliardari filo-trumpisti e raccogliere (assicurano portavoce) $33 milioni in fondi.

Come al solito non è dato spere quanti di questi verranno poi effettivamente destinati alla campagna elettole e quanti andranno invece a sostenere le mastodontiche spese legali del candidato/imputato in quattro processi penali paralleli. Il dato principale rimane un generale orientamento del grande capitale a gravitare verso Trump, piuttosto che sostenere un presidente che ha fatto delle tasse ai miliardari un tema centrale della sua campagna (e il cui ministero di Giustizia ha ora in corso procedimenti antitrust nei confronti di Amazon, Google ed Apple).

Nella gara a colpi di dollari fra i due pretendenti principali alla Casa bianca (indicativa del ruolo centrale dei soldi nella politica americana), ha intanto fatto notizia anche un candidato indipendente. Robert Kennedy Jr. ha annunciato la propria candidata vicepresidente. Si tratta di Nicole Shanahan: trentottenne, avvocata californiana, figlia di una collaboratrice domestica immigrata cinese e con un padre affetto da bipolarismo. Prototipo di imprenditrice self-made, frequenta Stanford e fa fortuna a Silicon Valley sviluppando sistemi informatici per la professione legale. Già sposata col co-fondatore di Google, Sergey Brin, promuove cause filantropiche attraverso la sua fondazione, Bia-Echo, che sponsorizza ricerca in biotecnologie, allungamento della vita e salute riproduttiva.

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Si muove ai massimi livelli del settore (il divorzio da Brin avverrà per una presunta liaison con Elon Musk) e da Silicon Valley assorbe anche una passione per la cultura New Age (lo Yoga ad esempio, il transumanesimo ed i riti druidici). Di questi elementi è imbevuta anche la singolare campagna indipendente di Kennedy Jr. un tenace ambientalista con frequentazioni ambigue nel mondo complottista e anti-vax, un ambiente che è una specie di specchio a “sinistra” del sospetto antistatalista e della paranoia culturale che alimenta il populismo che sostiene Trump. Sull’opposizione all’immigrazione e sul generale complottismo ad esempio i due estremi, come si dice, si toccano.

La campagna di Kennedy è una delle varianti anomale che potrebbero incidere sul risultato a novembre in maniera ancora imprevedibile. I “partiti terzi” in questo ciclo comprendono il Libertarian, Verdi, i “centristi estremi” di No Labels, il progressista Cornel West, candidato di protesta morale ma con poco spessore programmatico e Kennedy, che, per la sua postura ambivalente, potrebbe sottrarre voti sia a Biden che a Trump. (Come la campagna Biden, Trump ha di recente preso ad attaccarlo direttamente.)

Per apparire sulle schede, i candidati devono soddisfare i requisiti di soglia per venire certificati dai singoli stati. In ognuno dei loro casi, il ruolo rimane quello di “spoiler” – senza possibilità di vittoria, ma col concreto potenziale di sottrarre abbastanza voti per far perdere uno dei candidati “principali.” Soprattutto potrebbero farlo nella mezza dozzina di swing states che promettono anche stavolta di decidere l’esito finale.

Iniziata con le televendite bibliche, la settimana si è conclusa con la condivisone sul social di Trump delle immagini di Biden incaprettato e con la bocca bendata che ha iniettato una nuova velenosa dose di violenta retorica nella campagna, e siamo solo agli inizi. Felice Pasqua.