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Pasqua al veleno in Nicaragua, Ortega rinchiude i santi in chiesa

Pasqua al veleno in Nicaragua, Ortega rinchiude i santi in chiesaVenerdì santo davanti alla Cattedrale di Managua – Ap

Managua-Vaticano ai ferri corti Processioni vietate, la polizia carica i fedeli. E guai a chi cita nelle omelie il vescovo Alvarez, condannato a 26 anni per «tradimento della patria». Dopo lo scambio di accuse con il papa e la sospensione delle relazioni con la Santa Sede la tensione resta alta

Pubblicato più di un anno faEdizione del 8 aprile 2023

Un fuggi fuggi generale si è generato a Nindirì, arcidiocesi di Managua, allorquando la processione è uscita dal tempio, con la polizia orteguista a perseguire i fedeli che correvano abbandonando in qua e in là croci e immagini sacre, oltre a togliersi di dosso i paramenti e quegli inquietanti cappucci tipici della settimana santa.

IL LORO PECCATO l’aver contravvenuto all’ordinanza del presidente Daniel Ortega che dall’inizio dell’anno ha sospeso l’«uscita dei santi» dalle chiese e le cerimonie all’aperto per le feste patronali. Un provvedimento che ha portato a vietare pure le seguitissime via crucis della vigilia di Pasqua. I cortei religiosi sono dunque permessi unicamente all’interno dei luoghi di culto.

Ma attenzione anche alle omelie. Per le quali un sacerdote panameño che la domenica delle palme aveva menzionato nel suo sermone la figura del vescovo Rolando Alvarez (condannato a 26 anni per «tradimento della patria») è stato subito prelevato ed espulso (scalzo) oltre confine, nel vicino Honduras. Sommandosi così alla cacciata nell’ultimo anno di 21 preti nicaraguensi, delle suore di Teresa di Calcutta e del nunzio apostolico, oltre alla chiusura della Caritas e delle radio cattoliche.

Fino alla sospensione il mese scorso delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede dopo che il presidente Daniel Ortega aveva definito «una mafia» il mondo ecclesiastico. Prendendosi poi dello «squilibrato» da papa Francesco.

COSÌ CHE LE FORZE DELL’ORDINE in questa quaresima presidiano tutte le uscite dei centri sacri del Nicaragua. Un vero e proprio assedio sotto la regia della “papessa”, come qualcuno chiama laggiù Rosario Murillo, vicepresidente nonché moglie di Ortega. Alla testa di quella che vorrebbe si convertisse in una sorta di chiesa patriottica di regime. Proprio lei che aveva coniato fin dal 2007 lo slogan di un «Nicaragua cristiano, socialista e solidale». Tragicamente caratterizzatosi via via con l’avvento dell’autocrazia del clan orteguista. Fino al massacro degli studenti dell’aprile di cinque anni fa.

A mo’ di ricatto Murillo arriva persino a promuovere e invitare nel paese i predicatori aderenti alle sette fondamentaliste che da decenni hanno invaso tutto il subcontinente più cattolico del pianeta. Come a Somotillo, nel nord del paese, il 6 marzo scorso, con la «gran crociata» del pastore evangelico Nathan Morris, chiamato dalla Florida.

Questa settimana è stata sospesa pure la storica e caratteristica processione acquatica fra le isolette del Gran Lago Cocibolca, sostituita in compenso da una pseudo-via crucis in barca organizzata dal ministero del Turismo; naturalmente senza benedizione alcuna dell’episcopato locale.

QUELLO IN ATTO contro la Chiesa nicaraguense è un feroce attacco all’ultima espressione rimasta della società civile organizzata del Paese dopo l’azzeramento di associazioni, ong, stampa, università nonché di partiti e sindacati.
Senza contare poi la recente “liberazione” e contemporanea deportazione di 222 prigionieri politici nicaraguensi (ne rimarrebbero ancora una quarantina in carcere) che, insieme ad altri 94 precedentemente autoesiliati, sono stati privati della nazionalità oltre che espropriati di tutti i loro beni in patria.

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