Il parlamento europeo ha votato mercoledì 18 gennaio una risoluzione per sollecitare Bruxelles a inserire le Guardie rivoluzionarie della Repubblica Islamica (Irgc) tra i gruppi terroristi alla luce delle loro attività terroristiche, per la repressione dei manifestanti e per la fornitura di droni alla Russia.

Le prese di posizione di diversi politici europei e della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a favore della risoluzione sembrano spianare la decisione.

ANCHE SE RIMANE di difficile interpretazione il silenzio e l’assenza di Josep Borrell, il più alto funzionario responsabile della sicurezza e della politica estera dell’Unione, alle riunioni relative a questo tema.

La questione verrà discussa nella riunione dei ministri degli esteri dell’Unione europea domani, lunedì 23 gennaio. Tuttavia è molto improbabile che verrà presa una decisione definitiva. Inserire l’Irgc nella blacklist europea, secondo il portavoce della politica estera Ue, impone la preparazione di un quadro giuridico conforme agli standard e ai criteri dell’Unione europea nel campo della lotta al terrorismo, attualmente assente.

Molto probabilmente la commissione si accontenterà di aggiungere i nomi di altre 37 personalità del regime della Repubblica islamica all’elenco delle persone sanzionate.

Intanto, ormai da settimane, i mezzi di informazione della Repubblica islamica divulgano un’enorme quantità di reazioni e prese di posizione di varie istituzioni, di funzionari politici e militari tra indignazione, minacce e intimidazioni.

Amirabdollahian, ministro degli affari esteri della Repubblica islamica, in una conversazione telefonica con il capo della politica estera dell’Ue Borrell, ha denunciato la risoluzione del parlamento europeo come «sconsiderata, sbagliata, emotiva e poco professionale».

Baqer Qalibaf, ex generale e comandante dell’Irgc, attuale presidente del parlamento iraniano, ha detto: «Reagiremo sicuramente e tratteremo gli europei in un modo completamente diverso nella regione».

ANCHE LO STATO MAGGIORE delle forze armate, il comando dell’Irgc, l’imam del venerdì di Teheran e quelli della maggior parte delle città iraniane hanno adottato posizioni simili.

L’Irgc è un organo essenziale per il regime clericale. È sotto la diretta responsabilità del leader supremo Khamenei. Di conseguenza, il governo non ha alcun controllo gerarchico sulla sua attività. La costituzione gli assegna il compito di esportare la rivoluzione islamica in tutto il mondo musulmano.

Oltre a essere la più potente forza militare del paese, i pasdaran agiscono anche in campo politico e economico come uno «stato nello stato». Attraverso holding e società di copertura, l’Irgc controlla il settore delle costruzioni, del petrolio, del gas, dell’import-export e delle telecomunicazioni.

Le sue società subappaltano lavori a ditte straniere e le sue filiali fanno offerte per appalti all’estero. Dalla produzione di automobili all’estrazione mineraria, all’abbigliamento, persino allo shopping online. Produce anche film, opere teatrali, cartelloni pubblicitari, libri, articoli e notizie che cercano di promuovere la visione di Khamenei di una cultura islamista.

Sono pochi i settori in cui non è coinvolto, anche se spesso è difficile dire cosa controlla perché è ben nascosto. Si ritiene ora che l’Irgc controlli un terzo dell’economia iraniana.

IL REGIME è ben cosciente che un’eventuale inclusione delle Guardie rivoluzionarie nella black list europea sarà un colpo duro difficile da schivare.

«È facile immaginare che una rete economica così estesa assorba un numero esorbitante di impiegati, lavoratori, fornitori, produttori ecc – ci spiega Amir K., pilota – Non è sempre evidente se l’azienda per cui lavori è collegata a Sepah (Irgc, ndr) o no. Molto spesso la gente normale lavora indirettamente per loro senza saperlo. Il parlamento Europeo chiede di sanzionare qualsiasi attività economica e finanziaria, imprese e attività commerciali collegate, anche in parte, a Sepah. Così molti iraniani si troveranno a far parte di un’organizzazione terroristica senza neanche saperlo».

«Così tutti diventiamo criminali, collaboratori del terrorismo, per gli europei. Io lavoro per una compagnia aerea iraniana come pilota. Sicuramente la mia compagnia ha la partecipazione di Sepah. Cosa mi succederà? Diventerò criminale? E al prossimo volo in Europa verrò arrestato? Non dico che non meritano di essere sanzionati ma occorre anche essere realisti. Capisco e condivido la sanzione sui reparti militari, paramilitari ma sanzionare l’intera organizzazione con una rete economica così importante e diffusa rischia di aumentare il disagio della popolazione».