Parlare di pace invece che di vittoria non è opportuno, soprattutto per i contendenti, che devono tenere conto delle proprie opinioni pubbliche e non scontentare gli alleati, soprattutto la Nato.

È possibile interpretare con questa chiave il piccolo giallo che si è scatenato in seguito alle dichiarazioni di papa Francesco, che tornando da Budapest aveva parlato di una missione diplomatica della Santa sede «in corso» fra Russia e Ucraina. Parole subito negate da Kiev e da Mosca – la smentita però è spesso la conferma che qualcosa effettivamente si sta muovendo -, ma totalmente confermate dal cardinale segretario di Stato vaticano Pietro Parolin.

RIAVVOLGENDO IL NASTRO dall’inizio, c’è il papa che, sull’aereo che domenica sera lo stava riportando a Roma da Budapest, rispondendo a una domanda sulla guerra in Ucraina e sul ruolo della Santa sede – ma anche del premier ungherese Viktor Orbán e del metropolita di Budapest Hilarion – spiega che «anche adesso è in corso una missione, ma ancora non è pubblica. Quando sarà pubblica ne parlerò».

Poche ore dopo arriva la smentita di Kiev. Un funzionario della presidenza ucraina dichiara alla Cnn – e la scelta del canale non pare casuale – che loro non ne sanno nulla, che «se ci sono dei colloqui stanno avvenendo a nostra insaputa», anche perché «il presidente Zelensky non ha dato il consenso a discussioni di questo tipo per conto dell’Ucraina». A seguire interviene anche Mosca, con il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, che all’agenzia russa Tass liquida la faccenda con un secco «non ne sappiamo nulla».

QUESTIONE CHIUSA, QUINDI. Ma nella serata di mercoledì, a margine della presentazione di un libro su don Tonino Bello – il vescovo pacifista di Molfetta nonché presidente di Pax Christi morto trent’anni fa -, il segretario di Stato vaticano Parolin la riapre. «Il papa ha detto che ci sarà una missione che sarà annunciata nel momento in cui sarà pubblica e io ripeto le stesse espressioni che lui ha usato. Non entro nei particolari. Il papa ha parlato in questi termini, lasciamo a lui di dare eventuali e ulteriori informazioni», spiega il cardinale, che si dice «sorpreso» dalle smentite di Ucraina e Russia. «A mia conoscenza, entrambe le parti erano e sono a conoscenza», aggiunge Parolin.

«Poi sapete com’è, in mezzo ai meandri della burocrazia può darsi che le comunicazioni non arrivino dove devono arrivare», ma «io so che sono state informate le due parti».

QUINDI LA MISSIONE C’È, nonostante Kiev e Mosca mettano le mani avanti. Del resto, accanto alle parole, ci sono anche alcuni fatti che possono essere messi in fila. Il 27 aprile, prima di partire per l’Ungheria, papa Francesco ha ricevuto in Vaticano il premier ucraino Denys Shmyhal, che poi si è fermato a colloquio anche con Parolin e con monsignor Paul Gallagher, il “ministro degli esteri” della Santa sede. «Durante i cordiali colloqui – ha fatto sapere la sala stampa vaticana – sono state evidenziate le varie questioni collegate alla guerra in Ucraina, riservando una particolare attenzione all’aspetto umanitario e agli sforzi per ristabilire la pace».

Nei giorni 28-30 aprile, a Budapest, il pontefice ha incontrato il premier ungherese Orbán – solido alleato di Putin -, di fronte al quale ha affermato la necessità che la politica internazionale rilanci il multilateralismo e metta in atto «sforzi creativi di pace», invece di «infiammare gli animi»; e ha visto più volte il metropolita Hilarion, già “ministro degli esteri” del Patriarcato ortodosso di Mosca, attestato su posizioni pacifiste rispetto al patriarca Kirill (e proprio per questo spedito in Ungheria). Infine mercoledì, all’udienza generale del papa in Vaticano, c’era il metropolita Antonij, successore di Hilarion alla guida del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca.

«LA POSIZIONE DEL PAPA è quella di trovare una via per la pace, ma la pace in questo momento viene intesa dagli opposti schieramenti come vittoria, quindi parlare di pace è imbarazzante», spiega al manifesto il direttore della Civiltà Cattolica padre Antonio Spadaro, autore dell’Atlante di Francesco. Vaticano e politica internazionale (Feltrinelli), che ha accompagnato il papa a Budapest e che pochi minuti dopo twitta: «Parlare di #pace oggi imbarazza entrambe le parti. L’unica retorica ufficiale oggi può essere quella della #vittoria. Ma una diplomazia di valore morale non può seguire le retoriche proprie dei conflitti».

«L’idea che mi sono fatto – dice ancora Spadaro – è che la Santa sede sta compiendo questo tentativo di mediazione. Se poi riesca o no, è tutto da vedere, ma che il tentativo ci sia mi pare evidente».