«Occupiamo contro la politica segregazionista dello Stato francese»: così gli attivisti del collettivo La Chapelle Debout hanno rivendicato l’occupazione durata qualche ora del centro di accoglienza riservato ai profughi ucraini nel sud di Parigi, a Porte de Versailles. «Qui ci sono servizi che garantiscono l’accesso alla regolarizzazione, alla sanità, alla casa, al lavoro… ed è vuoto», hanno scritto sul loro profilo Twitter domenica, denunciando il fatto che molte strutture messe a disposizione per chi fugge dal conflitto in Ucraina non siano accessibili a migranti di altre nazionalità, malgrado il fatto che siano quasi del tutto vuote.

NON È LA PRIMA VOLTA che le organizzazioni attive sul fronte dell’accoglienza si mobilitano davanti al centro di Porte de Versailles: già la scorsa settimana collettivi e associazioni vi avevano tenuto una manifestazione. «Il numero di rifugiati ucraini» in arrivo a Parigi «è in forte calo», recitava il comunicato degli organizzatori, «e tuttavia lo Stato rifiuta di accogliere rifugiati di altri paesi». Secondo le associazioni, tra le quali Médecins du Monde, Utopia 56 e Droit au Logement, malgrado centinaia, forse migliaia di posti siano a disposizione in centri come quello di Porte de Versailles (in cui si contano 500 posti liberi), le autorità «rifiutano categoricamente di ospitarvi persone vulnerabili provenienti da altri paesi – nonostante le centinaia di persone che dormono attualmente per strada. Famiglie, donne incinte, minori non accompagnati e persone isolate che dovrebbero anch’esse poter beneficiare di una protezione adatta».

SECONDO L’ONU, dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina a febbraio, la Francia ha registrato circa 92.000 rifugiati ucraini. Per far fronte all’afflusso di rifugiati, lo Stato ha disposto una serie di misure eccezionali: a Parigi, oltre al centro di Porte de Versailles, sono stati messi in piedi un centro dedicato alle famiglie, due centri per primo-arrivanti in delle palestre e punti informazione specifici nelle stazioni.
L’iniziativa ha mostrato un’efficacia sorprendente, rispetto al caos e alla violenza che regnano nella capitale da diversi anni, durante i quali si sono moltiplicati accampamenti informali di rifugiati afghani, africani e siriani ai limiti della città. Questi accampamenti di strada vivono in un ciclo fatto di sgomberi della polizia, evacuazione in alloggi d’urgenza di breve durata e conseguente rimessa in strada, il tutto sullo sfondo del rifiuto sistematico delle domande d’asilo o di regolarizzazione e della moltiplicazione delle detenzioni nei Cie.

«LE AUTORITÀ ci hanno sempre ripetuto che non ci sono soldi né personale», dice Paul Alauzy, capo-progetto a Médecins du Monde (MdM). «Ed ecco che ora nel giro di pochissimo tempo, viene messo in piedi un ottimo dispositivo. Nel giro di un’ora, un rifugiato ucraino può fare domanda d’asilo, ottenere un alloggio, avere la tessera sanitaria, senza passare nemmeno una notte per strada. Tutte cose che altri impiegano 6 mesi, a volte un anno intero a ottenere».
«Siamo estremamente felici che i profughi ucraini siano ben accolti», spiega l’operatore di MdM, «ma il dispositivo deve essere allargato a tutti, indipendentemente dalla nazionalità. Lo Stato ha dimostrato che quando vuole, può mettere in pratica un’accoglienza degna». Paul Alauzy denuncia «una politica differenzialista» sulla base della nazionalità, tanto più cinica quanto è grave l’emergenza: «oggi a Parigi c’è una situazione di urgenza assoluta, con migliaia di persone che sono costrette a vivere per strada», dice, «continueremo a lottare fino a che i posti vuoti non siano accessibili a tutti».