“L’Italia è un paese razzista”. Dritta, nei denti, colpisce forte come quando salta in banda, Paola Egonu. Nella conferenza stampa di presentazione della terza serata di Sanremo, dove è madrina, torna a mandare messaggi eloquenti. Ha spiegato che non ha lasciato l’Italia in estate, temendo l’arrivo al governo di Giorgia Meloni e che vorrebbe tornare a giocare in nazionale.

La stella dell’Italvolley, che stasera reciterà un monologo scritto di suo pugno, in realtà sul razzismo non ha fatto altro che confermare, mettendoci un po’ di pepe, quanto detto a Vanity Fair , qualche giorno fa, esprimendo i suoi dubbi sulla maternità, sul mettere al mondo figli neri in Italia, temendo che fossero poi vittime di episodi di intolleranza. Come è avvenuto più volte a lei. Ha anche spiegato che il termine razzismo in Italia non andrebbe neppure nominato, perché “quando ne parli qualsiasi cosa dici ti si ritorce contro”.

Paola Egonu
“Sì, l’Italia è un paese razzista. Questo non significa che siano tutti razzisti o ignoranti. Secondo me è un paese razzista che però sta migliorando. Non voglio sembrare polemica o fare la parte della vittima, ma voglio semplicemente dire come stanno le cose”.

Dunque, nera, figlia di immigrati e cresciuta in Italia. Pure sessualmente fluida, come ha raccontato in altre interviste. E con una certa tendenza a dire sempre quello che pensa, senza filtri.

Con questo biglietto da visita si presenta sul palco dell’Ariston. E’ una specie di candelotto di dinamite pronto a esplodere, davanti a milioni di spettatori. La cornice ideale per ribadire posizioni forti su temi, problemi vissuti sulla sua pelle.

Il suo monologo è atteso piuttosto tardi, poco prima della mezzanotte: “Nel monologo mi racconto, quindi ci sarà anche una parte dedicata al razzismo. L’ho scritto io facendomi aiutare. Ho voluto dire chi sono a 360 gradi, senza prendere spunti da episodi particolari”

Certo, le premesse ci sono tutte. Il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, a proposito della presenza della Egonu a Sanremo si è subito giocato il carico, dicendo di non augurarsi “una tirata sul razzismo” da parte dell’azzurra, perché l’Italia, secondo il ministro, non sarebbe un paese razzista. Nulla di nuovo, d’altronde, la questione della cittadinanza italiana ai figli degli immigrati è un nervo scoperto per tutta la politica italiana. Il centrosinistra, anche al governo, non è riuscito a imporsi sullo ius soli prima, poi sullo ius culturae. Un tema mai stato presente tra le priorità della destra italiana.

In estate, la star del volley ha lasciato l’Italia (per il campionato turco) dopo la delusione per il terzo posto ai Mondiali con la nazionale. Anche in quella circostanza ha denunciato il razzismo che l’ha sempre avvolta nel corso della sua vita. “A volte mi chiedo perché dovrei rappresentarvi”, è un altro dei passaggi dell’intervista a Vanity Fair.

Paola Egonu
Mi riferivo a un episodio precedente alla pandemia, quando io e mia sorella parlavamo con preoccupazione di quanto stava accadendo negli Usa e del movimento Black Lives Matter. Ci siamo dette ‘caspita, potrebbe capitare a mio fratello o mio figlio’. Ma non credo che fare un figlio di colore sia condannarlo all’infelicità, anche perché io sono felice, anzi molto felice, quella frase era un’esagerazione”.

Egonu aveva già raccontato al settimanale “Oggi” di essere arrivata a odiare il Veneto, casa sua dalla nascita, perché a 14 anni è stata più volte offesa dalle madri delle sue avversarie e che la violenza del razzismo era stata  sperimentata sulla sua pelle anche dalla mamma.

Quella cicatrice non è mai andata via. La cittadinanza italiana è arrivata solo a 14 anni: una beffa per chi è venuta al mondo a Cittadella da genitori nigeriani, a un passo da Padova, e tra l’altro parla con lo stesso accento di una buona fetta di forze politiche che hanno eretto barricate contro le leggi sulla cittadinanza, che avrebbero potuto porre fine a una barbarie civile.

Ci sono altre cicatrici sulla sua pelle. Due estati fa per un codicillo, una regola interna che privilegia chi ha già vinto una medaglia ai Giochi olimpici, il Coni non l’ha scelta per portare il tricolore alle Olimpiadi di Tokyo, puntando su Jessica Rossi ed Elia Viviani. Ci ha pensato poi il Cio, scegliendola nel quintetto dei portabandiera,, una specie patente per la sua grandezza a livello mondiale.

In Italia, non solo sui social, si è sviluppato un flusso senza sosta di insulti sessisti, leoni da tastiera vestiti da omofobi: era stata scelta perché nera, perché lesbica, non perché fosse un fenomeno nel rettangolo di gioco e un esempio fuori per i più giovani con un sogno nel cassetto.