È italiana. È una delle più forti pallavoliste al mondo. Ieri è stata scelta dal Comitato olimpico internazionale per il quintetto di campioni che saranno i portabandiera alla cerimonia d’inaugurazione (senza pubblico) dei Giochi olimpici di Tokyo. Insomma, ci sono più motivi di orgoglio per l’investitura di Paola Egonu, 22enne punta della nazionale di volley che cerca una medaglia in Giappone. Sono arrivati i complimenti del presidente del Coni, Giovanni Malagò, anche della politica, dal Pd. Nulla invece dai profili di Lega e Fdi.

«Sono commossa, sfilerò per tutti», le parole della campionessa. Ma una fetta degli italiani, almeno sui social non è d’accordo sulla scelta del Cio di vederla sfilare davanti a tutti con la bandiera a cinque cerchi. Ovvio, Egonu è nera, lesbica. Ha raccontato con naturalezza in passato dei suoi gusti sessuali. Forse, è anche fidanzata. Un’occasione imperdibile per non generare un flusso di commenti carichi di intolleranza. Insulti razzisti, sessisti, omofobi. Il solito vomito social, dei leoni da tastiera pronti a dare una spolverata al presunto patriottismo italiano, al grido della discriminazione al contrario, agli atleti neri privilegiati rispetto ai bianchi.

Eppure la presenza della stella del volley tra i portabandiera, quindi a rappresentare le migliaia di atleti da ogni angolo del mondo in gara a Tokyo 2020, è una delle poche notizie positive che arrivano da Oriente. Per esempio, sull’eventualità della cancellazione delle Olimpiadi. Che esiste, è in piedi, nonostante il Cio faccia finta di nulla. Anzi, il presidente Thomas Bach, in occasione della variazione dopo 127 anni dello storico motto olimpico “Citius, citius, fortius, communis”, ha ribadito all’Associated Press che l’annullamento dei Giochi non è un’opzione sul tavolo perché “il CIO non abbandona i suoi atleti”. Ma forse Bach non vuole salutare neppure quei tre miliardi di dollari (potenziali) in fumo per contratti stipulati con sponsor e tv, dopo averne già perduti tre per il rinvio di un anno della manifestazione.

Il rischio c’è, non lo ha escluso il capo del comitato organizzativo di Tokyo 2020, Toshiro Muto, specialmente se dovesse aver seguito il balzo in avanti dei contagi tra gli atleti (sono oltre 70 al momento, ma si aggiungono casi su casi) e anche nella capitale giapponese, che all’ultimo rilevamento contava quasi 1400 positivi. La scelta di cancellare i Giochi nipponici è, per contratto, nella sola disponibilità del Comitato olimpico internazionale. Ma il governo nazionale nipponico, che non è parte contraente del contratto stipulato per le Olimpiadi a Tokyo, come evidenziato da Forbes e anche dalla Bbc, potrebbe decidere di predisporre delle misure sanitarie assai restrittive non compatibili con lo svolgimento delle competizioni. C’è tensione tra le varie delegazioni, nonostante dal Cio è filtrato che l’85% dei presenti nella bolla di Tokyo si sia sottoposto alla vaccinazione. Ma ci sono atleti positivi nonostante l’immunizzazione, nessun caso grave sinoram, e c’è la prova che la tenuta della bolla (che dovrebbe proteggere gli atleti) è già saltata.

Quindi, cosa accadrebbe in presenza di un cluster all’interno del Villaggio olimpico? Certo, la cancellazione delle Olimpiadi con decisione last-minute comporterebbe perdite, non solo economiche, per sponsor, federazioni, atleti, per gli stessi giapponesi, che sono in realtà da settimane contrari al via ai Giochi. Ma il danno è già un dato di fatto per il governo nipponico (il consenso del premier Abe è al minimo), che ha investito sino a 25 miliardi di dollari (dato ufficioso emerso da alcuni audit governativi) per impianti che saranno vuoti per l’assenza del pubblico, provando a mostrare che il Giappone sia ancora una forza globale, sebbene oscurata dalla potenza della Cina, con stime sul fatturato complessivo dei Giochi intorno ai 20 miliardi di dollari.

Il Covid-19, la seconda ondata e la campagna vaccinale a rilento (coperto appena il 22% della popolazione), hanno rovinato la sceneggiatura. Intanto a Tokyo persiste lo stato di emergenza (prorogato sino al termine delle Olimpiadi, l’8 agosto), con impossibilità di muoversi all’esterno del circuito della competizione per i primi 14 giorni.