Pagamento del gas in rubli, l’escamotage dell’Ue
Effetto Ucraina Per Bruxelles si può aprire un conto alla Gazprombank, non sanzionata, ma soltanto in euro o dollari. Ufficialmente, solo l’Ungheria accetta di pagare le forniture con la valuta russa. L’Austria invece nega
Effetto Ucraina Per Bruxelles si può aprire un conto alla Gazprombank, non sanzionata, ma soltanto in euro o dollari. Ufficialmente, solo l’Ungheria accetta di pagare le forniture con la valuta russa. L’Austria invece nega
La presidenza francese della Ue ha convocato in urgenza, per lunedì, una sessione straordinaria dei ministri dell’Energia della Ue a Bruxelles, per valutare tutti gli scenari possibili dopo la decisione di Gazprom di chiudere il rubinetto del gas a Polonia e Bulgaria, l’altro ieri, con la scusa che Varsavia e Sofia hanno rifiutato di pagare in rubli, come imposto da Putin dall’inizio di aprile per i «paesi ostili». La «punizione» di Mosca è arrivata contro Polonia e Bulgaria perché questi due paesi hanno reso noto ufficialmente che non rinnoveranno i contratti con Gazprom che scadono a fine anno.
BRUXELLES ADESSO si attende che altri paesi possano venire privati di gas per decisione del Cremlino: a maggio devono essere fatti i pagamenti per le forniture di aprile, e la questione del pagamento in rubli potrebbe essere di nuovo messa in campo. In prima fila ci sono pagamenti da Germania, Austria e Italia. Ursula von der Leyen ha affermato che «circa il 97% dei contratti sono in euro o in dollari» e quindi devono essere pagati in queste divise, in caso contrario si aprirebbe «una breccia nelle sanzioni» e le imprese europee pronte a cedere sui rubli sarebbero esposte a conseguenze legali «elevate».
Ufficialmente, solo l’Ungheria accetta di pagare in rubli. Ieri, il primo ministro austriaco, Karl Nehammer, ha smentito che delle imprese importatrici austriache si pieghino a questo «ricatto» russo. Ma ci sono forti ambiguità nelle raccomandazioni della Commissione di inizio aprile: di fronte all’impossibilità di fare a meno del gas russo a breve, Bruxelles ha consigliato alle imprese di aprire un conto presso Gazprombank – finora esclusa dalle sanzioni Ue – e di allegare una dichiarazione che afferma che gli obblighi di pagamento prendono fine con il deposito dei fondi. Cioè, sarà poi Gazprombank a cambiare euro e dollari in rubli, mentre le imprese europee se ne lavano le mani.
Una «trappola poco chiara» secondo l’analisi di alcuni ambasciatori. Imprese tedesche e austriache, l’Eni, la francese Engie avrebbero già predisposto il conto per questo meccanismo. Secondo il Financial Times un altro espediente sarebbe aprire un conto in Svizzera presso la Gazprombank, in rubli. Per il quotidiano economico Uniper di Düsseldorf e Omv a Vienna ci starebbero pensando.
Persino con l’Ucraina nel passato ci sono stati solo brevi momenti di sospensione, per delle dispute sui pagamenti, nel 2006, 2009, 2016, ma la pipeline Brotherood è rimasta in funzione anche dopo l’aggressione russa (Kiyv incassa 7 miliardi per il transito di gas tra Russia e Europa, ci sono contratti in corso per 40 miliardi di metri cubi l’anno fino al 2024).
LA MOSSA RUSSA ha spiazzato la Ue, che pure adesso si dice «pronta» a far fronte a un taglio delle forniture di gas da Mosca, ma finora ha rimandato la decisione pesante di inserire un embargo sul gas nelle sanzioni varate per l’aggressione all’Ucraina: a breve, sarà approvato un sesto pacchetto di sanzioni, ma, dopo aver bloccato il carbone, adesso in agenda c’è il petrolio russo, non ancora il gas, la dipendenza della Ue dalla Russia è del 40% dei consumi. L’Europa deve liberarsi una volta per tutte dalla dipendenza rispetto agli idrocarburi russi, ha subito reagito la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. Polonia e Bulgaria saranno rifornite dai «paesi vicini» per far fronte agli effetti di questa decisione. Varsavia ha accelerato l’indipendenza, persino la Bulgaria, che dipende al 90% dal gas russo, afferma oggi di essere sulla buona strada.
È DAL 2006 CHE LA UE sta mettendo a punto azioni concrete per l’interconnessione delle infrastrutture del gas in Europa e diversificare i fornitori. Sono stati varati 150 progetti, nel 2014 è stato approvato un finanziamento di 9 miliardi su 7 anni: pipeline nel Baltico (per collegare Norvegia a Danimarca e Polonia, operativa a ottobre), Bulgaria-Grecia, Bulgaria-Romania, Polonia-Lituania (in attività a settembre), Tap (Turchia-Grecia-Albania-Italia). Il principio è fare in modo che ogni stato abbia tre fonti diverse, una delle quali è l’accesso a un terminal Gnl, su base “regionale”, cioè vari paesi vicini in collaborazione. I terminal Gnl operativi in Europa sono 20 – 7 in Spagna, 4 in Francia, 3 in Italia, uno per Grecia, Portogallo, Lituania, Croazia, Belgio, Olanda – la Germania, che non ne ha, si sta attivando per la costruzione di un impianto. Usa, Qatar, Egitto, Australia, Africa occidentale sono i fornitori di gas liquido.
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