Pacifismo cinico e fuori dal tempo. Olaf Scholz, vestito completamente di nero, lo scandisce al quindicesimo minuto del suo discorso alzando al massimo la voce per superare la cortina di fischi. Non sono pochi, isolati, né liquidabili come voci fuori dall’orbita del partito: il palco da cui parla il cancelliere Spd è quello del Primo Maggio della Confederazione dei sindacati (Dgb) a Düsseldorf; la platea è la stessa che lo applaudiva per il salario minimo elevato a 12 euro neppure sei mesi fa.

«Continueremo a sostenere l’Ucraina con denaro e aiuti umanitari, ma va anche detto chiaramente che la aiutiamo a difendersi rifornendola di armi, come fanno altri Paesi europei» sottolinea Scholz, innescando lo slogan di risposta dei contestatori: «Frieden schaffen ohne Waffen» (Fare la pace senza le armi). Né più né meno il concetto ribadito nelle stesse ore a Berlino dal presidente Dgb, Reiner Hoffmann, all’apertura della manifestazione nazionale: «Non si baratti la pax militare con la pace sociale. I soldi servono per la trasformazione della società». Monito impensabile per Scholz prima della guerra di Putin, non meno inedito per la Spd dell’allarme congiunto con Confindustria sullo spettro-licenziamenti in caso di stop immediato al gas russo.

Ma l’appello che ha infastidisce oltremodo il leader socialdemocratico – non fosse altro per i riflettori riservati dai media – è la lettera-aperta firmata da 28 tra filosofi, scrittori, attori, registi e giuristi che gli chiedono di lavorare per il cessate il fuoco e non per far scoppiare la Terza guerra mondiale «mettendo in campo la potenza economica e la responsabilità storica della Germania». Per Scholz è una richiesta «fuori dal tempo», che d’ora in poi sarà delle «decisioni rapide di concerto con gli alleati» come ha voluto precisare nell’intervista alla Bild Am Sonntag, domenicale non esattamente di riferimento degli elettori Spd.

Dal palco della Giornata del Lavoro di Düsseldorf il cancelliere ha rimproverato così i sindacati già ultra-critici per i 100 miliardi destinati al riarmo dell’esercito: «Sarebbe cinico per un cittadino dell’Ucraina sentirsi dire di difendersi dall’aggressione di Putin senza armi».

Si è presa invece direttamente della «guerrafondaia e bugiarda» la ministra degli Esteri, Annalena Baerbock, accolta da duecento contestatori all’incontro pubblico nello Schleswig-Holstein a sostegno della candidata dei Verdi alle elezioni locali dell’8 maggio. Alla domanda retorica della co-leader dei Verdi: «Se non facessimo nulla verrebbe sganciata sugli ucraini una bomba in meno?» hanno risposto facendo risuonare la sirena dell’allarme aereo. Non è un caso isolato. Fa il paio con l’appuntamento interrotto dalle proteste vicino ad Amburgo e al comizio a Lubecca che la scorta della ministra ha dovuto cancellare per effettivi gravi motivi di sicurezza: l’ambiente era stato innaffiato con acido da sconosciuti.

Ma Baerbock, al contrario di Scholz, nei sondaggi resta la politica con maggiore indice di gradimento da parte dei tedeschi, anche se con il vice-cancelliere Robert Habeck ha non poche difficoltà a spiegare alla sempre più rilevante parte di iscritti la svolta totale del partito: da Pace e Ambiente a riarmo e rigassificatori.

Risultati peraltro apertamente rivendicati, come la mozione promossa dai Grünen approvata martedì scorso al Bundestag, il via libera finale alla consegna diretta a Kiev del primo lotto di panzer-antiaerei Gepard. Non ci sarà più bisogno della triangolazione con i Paesi dell’Est che finora ha salvaguardato, almeno formalmente, la neutralità sancita nella Costituzione.

E la ministra Baerbock è anche la più intransigente sui limiti del futuro negoziato: si dovrà concludere necessariamente con «l’uscita di tutti i soldati russi dal territorio ucraino. Non c’è alcun modo di riportare le lancette dell’orologio prima del 24 febbraio».

Tantomeno al tempo della Germania pacifista – insistono i Verdi – nonostante il presidente dell’Ig-Metall, Jörg Hofmann, abbia condannato la spirale del riarmo. «Il sindacato si oppone all’aumento permanente del bilancio della Difesa. Non abbiamo bisogno né di un obiettivo Nato del 2% né di una nuova corsa mondiale agli armamenti».