Patrizia Gioia, nel corso dei molti anni vissuti all’interno della Sovrintendenza capitolina, ha dal principio scelto di scavare il mondo vasto che altri rinchiudono nelle sole accezioni paternalistiche e claustrofobiche del lemma «periferia». Secondo quella stessa narrazione tossica in base alla quale, se bruciano sterpi, rifiuti e sfasciacarrozze che irregolarmente insistono al margine di un sito periferico, si preferisce inquadrare il fumo dal punto di vista di chi – somma sciagura – addirittura è costretto a notarlo dai campi elisi del Circo Massimo.
Lo scorso aprile l’archeologa ha ricevuto dal Municipio V la delega alla valorizzazione del Parco di Centocelle, inaugurato nel 2006 eppure mai decollato. Ricade invece nel Municipio VII la contigua area di Torre Spaccata, dove un comitato civico ha dovuto autocostituirsi per difendere dall’espansione di Cinecittà Due il «Pratone»: sessanta ettari di verde metropolitano, proprietà di Cassa Depositi e Prestiti, destinati per metà alla costruzione di nuovi studios previo stanziamento di 300 milioni di euro dal Pnrr. Verde che, senza bonifica alcuna, nel pomeriggio del 9 luglio non ha potuto fare altro che alimentare roghi di probabile origine dolosa. Nel frattempo, al lato, il Parco di Centocelle resiste, come racconta Gioia.

Lastra

Perché l’area non riesce a trovare una configurazione urbanistica?
Il piano regolatore del 1962 prevedeva l’inquadramento di un settore orientale della città nel costituendo Sdo. – Sistema direzionale orientale – con l’obiettivo di decongestionare il centro attirando uffici pubblici e università lungo un asse attrezzato tra Pietralata, il Tiburtino, il Casilino e Centocelle. Esattamente dove la feroce cementificazione aveva lasciato qualche superstite. Il pianoro di Centocelle, sul quale nel 1909 era stato effettuato il primo volo nazionale da Wilbur Wright, fu prescelto per l’edificazione di un aeroporto militare, che fu realizzato tra le due guerre radendo al suolo quei resti archeologici serviti da trampolino di lancio al biplano giallo del pioniere. La città crebbe però troppo rapidamente e, nel 1961, l’aeroscalo dell’esercito fu spostato a Ciampino. Cosa rimase tra la Casilina e viale Palmiro Togliatti? Un fragile vuoto assediato dall’esplosione urbana. Un vuoto che sarebbe stato, parzialmente, consegnato al Comune.

Furono anche apposti vincoli di tutela?
Non sul Pratone, che rimase proprietà privata ma fu comunque preservato dallo Sdo. proprio perché questo non fu mai ultimato. Per Centocelle, invece, nel 1992 il soprintendente Adriano La Regina ebbe la forza di ottenne un vincolo per l’intero sito dell’ex aeroporto basandosi su testimonianze storiche e letterarie e su foto aree dalle quali si intuiva l’esistenza di un’immensa villa sepolta. Il Comune, anche se all’inizio non la prese bene, nel 1994 rinunciò a realizzare parte dello Sdo, avviando l’istituzione di un parco pubblico grande 120 ettari, più di Villa Borghese. Quindi, tra il 1995 e il 2000, la Sovrintendenza capitolina portò avanti indagini archeologiche sistematiche, in modo da determinare la sua progettazione definitiva.

[object Object]

Cosa evidenziarono gli scavi?
Si scoprì che la villa ipotizzata grazie all’aerofotogrammetria consisteva in realtà di due colossali strutture distanti 450 metri. Una – la cosiddetta Ad Duas Lauros – è per metà occultata al di sotto del terreno di pertinenza ancora militare. L’altra l’abbiamo indagata quasi integralmente: è la Villa della Piscina, per la quale si attende l’approvazione del progetto di musealizzazione, dopodiché si potrà andare in gara contando anche su fondi Pnrr. Entrambe erano immense: diecimila metri quadrati di edificato più altrettanti di giardino. La Villa della Piscina, così chiamata per la presenza di una vasca lunga cinquanta metri, restò in funzione per ottocento anni: dal IV secolo a. C. al IV d. C. Alcune città non hanno mai vissuto tanto. Ad Duas Lauros, che ospita sepolcreti e un teatro da duecento posti, fu addirittura attiva dal IV secolo a. C. al VI d. C.

Fosso di Centocelle, ricostruzione di Livia Riga

Ci sono altri resti?
Sì, tanto che notiamo una modularità nell’occupazione lungo l’importante asse dell’antica Labicana. Le ville sono otto, tutte dotate di terme e affreschi. Una tra viale Togliatti e via Papiria, parzialmente distrutta da una cava; un’altra tra la Togliatti e via Filomusi Guelfi; ben quattro, in diverso stato di conservazione, sotto il Pratone, che era irrigato da un’estesa rete idrica proveniente dai Colli Albani. La Togliatti ripercorre un corso d’acqua perenne che confluiva nell’Aniene: il fosso di Centocelle, che alcuni anziani ancora ricordano.
Uno dei suoi affluenti era il fosso di Torre Spaccata, che si apriva la via nel tufo del Pratone, presso il quale sono state identificate ceramiche dell’Età del Rame e del Bronzo. Sappiamo inoltre che i laghi di Albano e di Nemi esondavano abitualmente, tanto che i romani avrebbero costruito gallerie di scolmo traumatizzati da una violenta alluvione verificatasi durante la guerra contro Veio. Tale fenomeno avrebbe implicato il trascinamento a valle di una quantità incredibile di fango misto a materiale piroclastico: e infatti abbiamo trovato, a ridosso del fosso di Torre Spaccata, uno strato riconosciuto dal geologo Renato Funiciello come lahar. Dionigi di Alicarnasso e Tito Livio avevano ragione nel riferirlo al lago di Albano e agli eventi del 397 a. C.? Sì. Lo attesta la ceramica rinvenuta all’interno del lahar.

L’abbondanza di acqua fu decisiva anche nel Medioevo?
Sul fondovalle di Torre Spaccata trovammo dei buchi di palo bruciati e pensammo a capanne preistoriche. Poi rinvenimmo dei semi carbonizzati e decidemmo di farli analizzare. Dal laboratorio ci restituirono però una datazione al carbonio-14 sorprendente: 1000 d. C. Niente preistoria. Un Medioevo nascosto, piuttosto. Lontano dall’immaginario comune. Donne e uomini frequentavano la valle, immagino soprattutto in primavera e in estate. Non lasciarono nulla, a parte tracce di capanne. Sul fango, vicino all’acqua, si impressero però per sempre impronte di ovini, caprini, bovini. E di bambini scalzi. Magari stavano giocando. Il Medioevo di Roma Est non doveva essere poi così cupo.