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Ortega si libera anche dell’ultima avversaria

Ortega si libera anche dell’ultima avversariaIl presidente nicaraguense Daniel Ortega con la vicepresidente (nonché consorte) Rosario Murillo – Ap

Nicaragua Arresto e candidatura inibita per Cristiana Chamorro, che in poche settimane aveva raggiunto il 21% nei sondaggi. La tragedia politica nicaraguense continua

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 6 giugno 2021

«In Nicaragua – recita un adagio popolare – il piombo galleggia e il sughero affonda». E in effetti è ogni volta difficile farsi una ragione, in questo caso, della messianica deriva di Daniel Ortega rispetto al primus inter pares che era fra i nove della Direccion Nacional dell’epoca rivoluzionaria. Sta di fatto che gli eventi stanno precipitando in vista delle presidenziali del prossimo 7 novembre. Cristiana Chamorro, figlia della ex presidente Violeta Barrios de Chamorro, è stata posta agli arresti domiciliari con l’accusa di riciclaggio, inibendo così la sua candidatura.

DA TEMPO ORTEGA e la sua vice (nonché consorte) Rosario Murillo avevano predisposto ogni dettaglio per la loro riconferma: una legge elettorale su misura, una corte di giustizia e un tribunale elettorale rinnovati, la messa al bando di un paio di scomodi partiti e, confermando la sciagurata alleanza con l’oligarchia imprenditoriale, il riconoscimento dell’ambigua figura di Arturo Cruz come unico contendente di fatto.

Ma la recente candidatura di Chamorro per Ciudadanos por la Libertad, formazione nata dopo la rivolta popolare dell’aprile 2018 (soffocata nel sangue e fatta passare da Ortega come un tentato golpe degli Usa) aveva rovinato i loro piani raggiungendo in poche settimane il 21% nei sondaggi. E dire che la dissidenza era stata disarticolata da uno stato di polizia asfissiante, con incarcerazioni (soprattutto di giovani universitari, traino di quella sollevazione) e la fuga di decine di migliaia di nicaraguensi nel vicino Costarica.

DI QUI L’INCRIMINAZIONE di Chamorro. Non solo: due settimane fa la redazione web di Confidencial (fra i pochi superstiti della libertà di stampa in Nicaragua) diretta dal fratello Carlos Fernando, è stata perquisita e devastata per la seconda volta in tre anni. Paradosso vuole che Cristiana e Carlos siano anche i figli di Pedro Joaquin Chamorro, il direttore del quotidiano La Prensa che il dittatore Somoza fece assassinare nel gennaio 1978; un anno prima dell’entrata trionfante dei sandinisti a Managua, che inaugurò il decennio rivoluzionario.
A quel tempo erano tante le famiglie nicaraguensi spaccate in due. Dei quattro fratelli Chamorro, Claudia e Carlos Fernando (direttore di Barricada, organo del Frente Sandinista) stavano con la rivoluzione; Cristiana e Pedro Joaquin jr. (a capo del quotidiano d’opposizione La Prensa) con i contras finanziati dagli Usa.

La madre Violeta decise di entrare nella prima giunta rivoluzionaria, per poi dimettersi dieci mesi più tardi. Fu proprio lei a sconfiggere nel febbraio 1990 Daniel Ortega alla testa di una coalizione che inglobava l’intera opposizione. Donna Violeta durante il mandato riuscì a imporre al suo interno una linea moderata di «riconciliazione nazionale» che portò al disarmo dei contras. Artefici di quell’operazione furono il primo ministro Antonio Lacayo (marito di Cristiana) e il capo dell’esercito generale Humberto Ortega, fratello di Daniel e anch’egli membro della direzione sandinista.

QUELLA TRAUMATICA DÉBÂCLE elettorale si convertì in realtà nell’opera maestra della Rivoluzione Sandinista che, sconfitta nel segreto dell’urna, passava la mano con il proposito del Fronte di rifarsi democraticamente alle elezioni successive. Ma il suo sempiterno segretario Daniel Ortega decise di emarginare via via ogni dissenso interno al partito (a partire da sei dei nove comandantes, compreso il fratello Humberto) e con un patto di legittimazione reciproca esclusiva con i settori della destra estrema, disegna una delirante strategia populista per tornare a ogni costo al potere; e non mollarlo più.

Dopo due mandati dei nostalgici del somocismo, Ortega si reinsediò alla presidenza nel 2007 sacrificando la propria base sociale per sommare il proprio clan familiare (nelle ricchezze e nelle corruttele) alla storica compagine oligarchica: garantendole esenzioni fiscali, pace sociale e i salari minimi più bassi della regione. Con la vicepresidente Rosario che è arrivata a introdurre persino una legge contro l’aborto. Mentre lui si guadagnava al contempo la non belligeranza degli Usa con la ratifica del Trattato di libero commercio; e quella del Fondo monetario internazionale piegandosi alle sue ricette.

NIENTE DI PIÙ LONTANO dall’adesione a parole al progetto bolivariano, opportunisticamente sventolato da Ortega per beneficiare degli aiuti dal chavismo del Venezuela.

Certo è una tragedia politica quella nicaraguense, ancor più triste e sofferta nel vedere come i millenials nicas, ribellatisi a caro prezzo a quello che si è convertito in un regime, abbiano deciso di abiurare alla parola «sandinismo», tradita e usurpata dall’orteguismo. Proprio loro, i “nipoti” dell’antimperialista general de hombres libres Augusto C. Sandino, che i marines non riuscirono a stanare negli anni ’30 nelle montagne del nord del Nicaragua; prima di essere assassinato da Somoza e ispirare l’ultima rivoluzione popolare del secolo scorso.

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