Fresco di rielezione per il suo quarto mandato, Viktor Orbán sbarca a Roma e si presenta in Vaticano per incontrare Papa Francesco. Tecnicamente si tratta di una visita privata, visto che il premier ungherese ha incontrato né il cardinale Pietro Parolin, il segretario di stato vaticano, né monsignor Paul Richard Gallagher, che è segretario per i rapporti con gli stati per conto della Santa Sede.

TUTTAVIA, al di là della sostanza delle questioni formali e diplomatiche, l’incontro ha per forza di cose una valenza politica. Il primo ministro del paese Ue più vicino a Wladimir Putin, che si è schierato contro le sanzioni e l’invio di armi all’Ucraina, ha invitato Bergoglio in Ungheria, dove è stato solo di passaggio qualche mese fa. Il Papa ha sfoggiato tattiche omeopatiche tipiche della diplomazia vaticana e ha blandito il leader che negli ultimi anni ha manifestato maggiore ostilità nei confronti dei migranti ringraziandolo per quanto fatto dagli ungheresi in favore dei rifugiati ucraini.

DALL’INIZIO della guerra sono arrivati in Ungheria 625 mila rifugiati: in 17 mila hanno chiesto protezione umanitaria, altri 100 mila hanno richiesto permesso di soggiorno temporaneo mensile. «Ho scelto questo per voi, ho pensato a voi ungheresi che ora accogliete i profughi», ha detto Francesco regalandogli un medaglione di bronzo raffigurante San Martino, che protegge il povero con la metà del proprio mantello. «Ho chiesto a Papa Francesco di sostenere i nostri sforzi per la pace», ha raccontato poi Orbán.

LA GIORNATA è proseguita con l’incontro con il leader leghista Matteo Salvini. La Lega dice che «è stata l’occasione soprattutto per fare il punto della situazione internazionale, anche alla luce della crisi in Ucraina». Orbán ha rotto l’asse con gli altri paesi di Visegrad proprio sulla questione delle armi all’ucraina, che invece Polonia, Slovenia e Repubblica Ceca hanno fatto transitare. Ed era stato il veto dei nazionalisti polacchi, in precedenza, aveva impedito che Orbán e Salvini costituissero in Europa un raggruppamento delle destre.

ADESSO SALVINI si fa scudo dell’udienza papale e della fresca rielezione del leader ungherese per rivendicare la legittimità delle sue frequentazioni. Ma il suo asse sovranista con Orbán appare adesso distante da quello che Fratelli d’Italia ha instaurato coi polacchi in Europa. Per non parlare della diffidenza di Forza Italia che rivendica la sua appartenenza al Partito popolare che ha cacciato Fidesz, il partito di Orbán. Ad acuire ulteriormente queste differenze ci sono i diversi atteggiamenti di fronte all’invasione di Putin dell’Ucraina. Anche se va detto che una delegazione di FdI, assente la leader Giorgia Meloni, ha partecipato al ricevimento serale in onore del presidente tenutosi all’ambasciata d’Ungheria. E Forza Italia, per bocca del coordinatore Antonio Tajani, prova a ricomporre tutto ricordando che la Lega ha fatto la sua scelta di campo nel momento in cui ha scelto di sostenere in Italia il governo di Mario Draghi decidendo dunque di entrare in una maggioranza «europeista».

CON ORBÁN, dice ancora il capo leghista mettendo al primo posto le questioni relative alla guerra, «abbiamo parlato di pace e di accoglienza, non abbiamo parlato di armi» e rivendica l’impegno per «un centrodestra europeo chiaramente alternativo ai socialisti, per difendere i valori e le radici dell’Occidente». Il leader ha fatto anche riferimento a «una legge sulla famiglia che in Ungheria sta dando ottimi frutti, perché molte donne smettono di pagare le tasse. È un tema all’ordine del giorno, visti i pochi bimbi che nascono in Italia». Parla di un provvedimento che è stato duramente criticato da Amnesty International e diverse Ong in quanto lesivo dell’uguaglianza di genere. E la ministra della famiglia di Orbán, Kátálin Novak, aveva preparato il terreno dicendo pubblicamente che le donne devono smetterla di preoccuparsi di voler guadagnare quanto gli uomini per preoccuparsi piuttosto di mettere al mondo figli in quanto motori della «famiglia tradizionale».