Volodymyr Zelensky non avrà da Davos la risposta alle richieste presentate all’Unione europea. Ieri, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha ammesso di «non aspettarsi» un accordo sulle sanzioni al petrolio russo – che dovrebbero essere contenute nel sesto pacchetto Ue in discussione ormai da tre settimane – è inutile dare «false illusioni».

L’Ungheria, che ieri ha ordinato lo stato di emergenza a causa della guerra in Ucraina – «il governo ha bisogno di spazio di manovra e di prontezza per un’azione immediata» ha spiegato Viktor Orbán – non ha ritirato il veto. Il premier ungherese mette in avanti la situazione del paese, senza sbocco al mare, privo di pipelines con gli altri paesi dell’Unione. In una lettera alla Ue, a pochi giorni dal Consiglio europeo straordinario del 30 e 31 maggio, Orbán esclude che la questione delle sanzioni al petrolio russo sia in agenda. La presidenza francese della Ue è meno drastica: ci sono ancora alcuni giorni, afferma l’Eliseo, ci saranno contatti fino all’ultimo. L’Ungheria non è sola a frenare, anche Slovacchia e Bulgaria hanno sollevato riserve.

La Commissione ha proposto a Budapest 800 milioni per modernizzare la rete di rifornimento e le raffinerie (l’Ungheria non ha strutture per raffinare il brent ma solo per trattare petrolio pesante russo), ma Orbán ha già chiesto 15-18 miliardi e intende collegare la questione della levata del veto all’embargo sul petrolio russo all’approvazione del proprio piano nazionale di rilancio (7 miliardi), che è per il momento in alto mare a causa del contenzioso con Bruxelles sul rispetto dello stato di diritto.

Ursula von der Leyen, nell’intervento ieri a Davos, ha accusato la Russia di «ricatto» sull’alimentazione, di «usare il cibo come arma» e ha lanciato un appello «urgente» a una «cooperazione globale» per evitare una crisi generalizzata: ci sono 20 milioni di tonnellate di grano e semi di girasole bloccate dalla Russia nei porti del Mar Nero, «l’artiglieria russa bombarda deliberatamente i magazzini di cereali attraverso l’Ucraina e navi da guerra russe nel Mar Nero bloccano le navi ucraine riempite di grano e semi di girasole», ha denunciato.

La presidente della Commissione ha assicurato che la Ue «lavora per portare i cereali verso i mercati mondiali», nel marasma a causa delle perturbazioni negli scambi da parte di due grandi produttori – Russia e Ucraina, un terzo della produzione mondiale – e delle spinte protezioniste che dilagano, che aggiungono incertezza e minacciano i rifornimenti alimentari in numerosi paesi poveri. La Commissione ha proposto dei «corridoi» per permettere l’esportazione, Bruxelles privilegia la via fluviale poi i camion. Gli Usa propendono per l’utilizzo dei treni, per trasportare i cereali verso il Baltico (ma mancano i vagoni e tra Ucraina e paesi Ue c’è un diverso scartamento, che obbliga a trasferire la merce, mentre mancano braccia e tempo).

Von der Leyen ha evocato a Davos anche l’aumento previsto della spesa per la difesa nella Ue, che verrà discusso al Consiglio di fine maggio. La presidente della Commissione ha insistito sul programma di progressiva e veloce indipendenza della Ue dall’energia russa: RePowerEu, presentato il 18 maggio, prevede un aumento al 45% delle energie rinnovabili entro il 2030, con una «nuova frontiera» per l’idrogeno.