Viktor Orbán “mattatore” in Europa, e oltre. Il suo semestre di presidenza del consiglio dell’Unione è cominciato con uno strappo non da poco nei confronti degli altri vertici del continente: ieri il primo ministro ungherese ha infatti incontrato a Mosca il presidente russo Vladimir Putin. Le testimonianze che arrivano dal Cremlino indicano come, nonostante lo «stallo» che si protrae sul fronte ucraino, a livello di rimescolamenti politici sia passata diversa acqua sotto i ponti dallo scoppio della guerra: sembra ormai provenire da un’altra era l’iconica immagine dell’ex-capo dell’Eliseo Emmanuel Macron – ora alle prese con un secondo turno elettorale da una posizione di minoranza – che provava, inutilmente, a dissuadere Putin dal lanciare la sua invasione contro Kiev tenuto ben a distanza da un bislungo tavolo bianco; al contrario, Orbán viene ricevuto in un’atmosfera certamente più amichevole, con strette di mano e dialoghi faccia a faccia per circa due ore.

«SONO A SUA disposizione», lo ha accolto il presidente russo. «Sono pronto a discutere tutti gli aspetti della situazione in Ucraina, e mi attendo che vengano condivise quali sono le posizioni dell’Ungheria sulla questione e le prospettive dei partner europei». Putin ha fatto inoltre riferimento, con un errore che sa di calcolata provocazione, alla possibilità che Orbán si trovasse a Mosca non solo a titolo personale ma anche come rappresentante delle istituzioni di Bruxelles.

MA, FIN DAL PRIMO momento in cui è trapelata la notizia della sua possibile visita, si è levato un coro unanime da parte degli altri leader del continente a scartare radicalmente questa ipotesi. «Non ha un mandato Ue», ha tuonato il presidente del consiglio europeo Charles Michel. «Nessuna discussione che riguardi l’Ucraina può svolgersi senza che l’Ucraina sia presente». Perentoria anche la presidente della commissione Ursula von der Leyen: «Fare concessioni non fermerà Putin. Solo unità e determinazione apriranno la strada a una pace completa, giusta e duratura».
Più accomodante il ministro degli esteri italiano Antonio Tajani: «Non credo sia il momento opportuno per recarsi in Russia, ma ognuno può fare quello che vuole», ha detto a margine di una conferenza stampa dopo aver specificato che Orbán si è recato al Cremlino solo in qualità di primo ministro del proprio paese.
Certo è che il leader ungherese sta provando a presentare questo suo spiazzante attivismo diplomatico sotto il segno della ricerca di un cessate il fuoco fra Russia e Ucraina: «La missione di pace continua», ha scritto su X mostrando la foto del suo arrivo a Mosca, alludendo con quel «continua» all’incontro a sorpresa che ha invece avuto col presidente ucraino Zelensky quattro giorni fa (la prima volta dall’inizio dell’invasione).

LE DICHIARAZIONI rilasciate da Orbán e Putin durante la conferenza stampa al termine dell’incontro di ieri vanno in effetti in questa direzione, dal punto di vista della retorica: il presidente russo, riportato dalla Tass, ha addirittura fatto sapere che è tempo che la guerra in Ucraina giunga a una sua «fine totale e completa», e non a una mera «pausa» nei combattimenti la quale – ha aggiunto Putin, rigirando a proprio favore gli argomenti solitamente utilizzati dai vertici ucraini per opporsi a una tregua – «consentirebbe a Kiev di riorganizzarsi e armarsi ulteriormente»; dal canto suo, il primo ministro ungherese ha lasciato trapelare di aver posto «tre domande» riguardanti la possibilità di pace al leader del Cremlino, col quale ha inoltre discusso i «principi per una futura architettura di sicurezza europea». Un’idilliaca corrispondenza d’intenti che, però, difficilmente potrà trovare grande ascolto, almeno nel breve periodo: praticamente nelle stesse ore, al di là dell’oceano, il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg affermava nuovamente in una conferenza stampa che pressare l’Ucraina affinché ceda territori in cambio di un cessate il fuoco è «fuori discussione».

Al di là delle parole decise e roboanti, la realtà è probabilmente che Orbán stia cercando di ritagliarsi sempre più un ruolo da protagonista all’interno dei mutevoli equilibri continentali e globali. La sua puntata a Mosca, che pare costerà a Budapest l’annullamento della consueta visita da parte della Commissione europea alla presidenza del consiglio di turno (lo ha paventato ieri il portavoce dalla commissione Eric Mamer), si inserisce in un’intensificazione dei contatti con alcuni degli “alleati” di Putin (a maggio l’Ungheria ha firmato un accordo di cooperazione con la Cina). Alcuni analisti, com’è il caso delle inchieste di Vsquare, puntano il dito sulla vicinanza fra il leader dei neonati Patrioti e Donald Trump, che ha fatto della “pace” in Ucraina un suo cavallo di battaglia. Prove tecniche per un cambio di leadership alla Casa bianca?