Ora la guerra di Putin divide anche la diaspora comunista nel mondo
Il presidente russo Vladimir Putin – Ap
Internazionale

Ora la guerra di Putin divide anche la diaspora comunista nel mondo

Documento di condanna dell’invasione di 42 partiti e 30 organizzazioni giovanili. Dal greco Kke ora è dura critica alle organizzazioni russe schierate con il Cremlino
Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 27 maggio 2022

L’invasione russa in Ucraina rischia di gettare per aria i faticosi tentativi dei partiti comunisti di trovare una nuova identità e forma organizzativa tre decenni dopo la fine dell’Unione Sovietica. Fermo restando che l’italiana Riforndazione comunista, il Pcf e il Pc spagnolo (che fanno parte della Sinistra europea) e il Partito comunista cileno hanno subito condannato l’invasione russa senza aspettare sollecitazioni, pochi giorni dopo lo scoppio della guerra, 42 partiti comunisti ed operai e 30 organizzazioni giovanili hanno approvato un documento in cui si condanna l’invasione russa, considerata «imperialista». Tra i firmatari ci sono partiti deboli ed altri più consistenti. Per l’Italia hanno aderito il Fronte Comunista e il Fronte della Gioventù Comunista (fuoriuscita dal partito di Marco Rizzo);, tra i partiti più consistenti si segnala il PC sudafricano. Non hanno firmato invece due partiti importanti come i comunisti dell’India e il Partito Comunista Akel di Cipro.

Più di recente, il giornale «Rizospastis», organo del Partito Comunista di Grecia (Kke) ha dedicato degli articoli di critica ai due partiti comunisti russi che non hanno sottoscritto il documento. I comunisti greci contestano ai compagni russi il supporto che offrirebbero a Putin e alla «guerra imperialista». Il partito russo che ha attirato i colpi più duri è stato il Partito Comunista Operaio della Russia (Pcor). Si tratta di un partito di dimensioni ridotte, a cui non è permesso presentarsi alle elezioni. Il Pcor concorda con i greci e gli altri partiti nel definire «imperialista» l’aggressione russa ma subito ci aggiunge che «l’intervento armato della Russia contribuisce alla salvezza della popolazione del Donbass». Per questo, il partito russo assicura che «non si opporrà a tale reale sostegno», al contrario, «nel momento in cui le condizioni hanno reso necessario esercitare violenza verso il regime fascisteggiante di Kiev, noi non ci opponiamo nella misura in cui ciò favorisce il popolo lavoratore».

Una presa di posizione piuttosto confusa. La confusione emerge anche dal fatto che l’organizzazione giovanile del Pcor ha invece aderito al documento dei 42, mentre la questione della guerra ha creato intensi scontri nella direzione del partito russo con le dimissioni di due membri dell’Ufficio Politico. La «deriva nazionalista», denuncia «Rizospastis», ha portato il Pcor a organizzare di recente una manifestazione «per la vittoria» insieme al movimento nazionalista «Altra Russia», l’erede del partito Nazional-Bolscevico di Limonov.

Più attenta la critica dei greci verso il partito russo più importante, il Partito Comunista della Federazione Russa (Pcfr), presente nella Duma e in vari parlamenti nazionali. Il Pcfr si è rifiutato di definire «imperialista» il conflitto, sostenendo che si tratta di una «guerra di liberazione nazionale contro l’internazionale del nazismo e il nuovo ordine degli Usa e della Nato». La Russia, sostengono i russi, «è uno dei Paesi più poveri d’Europa» quindi non si può usare il termine «imperialista», che peraltro «Lenin ha usato per la Grande Guerra», quindi del tutto «inappropriato» nell’attuale conflitto. A riprova aggiungono che «gli oligarchi russi si sono schierati contro l’operazione militare in Ucraina», dato che hanno subito «severe sanzioni». Sono i punti salienti della puntuale risposta del Pcfr alle accuse dei compagni greci. Accusati di sostenere Putin, i comunisti russi rispondono che è il presidente russo che ha ceduto alle loro pressioni ed è andato incontro alla «popolazione sofferente» del Donbass e di Lugansk, dove il Pcfr si vanta di avere «centinaia di militanti che combattono i nazisti». Aggiungono che il governo di Mosca ha tentato ripetutamente di mettere argine all’espansione della Nato ad est ma senza risultato. Oltre alle due regioni dell’Ucraina con popolazioni russe, i comunisti russi descrivono l’Ucraina come un paese totalmente in mano agli interessi occidentali, dove l’uso della lingua russa è proibito, come proibita è anche l’attività dei comunisti, mentre Kiev starebbe preparando in proprio armi nucleari e biologiche.

Quanto alle accuse greche di «flirtare con idee e forze nazionaliste», la risposta dei russi è tranciante: «Dichiariamo con orgoglio di essere la maggiore forza patriottica della sinistra in Russia». Alla fine della sua polemica risposta, il Pcfr esprime il suo «profondo rispetto verso il Kke, partito che ha contribuito come nessun altro alla rinascita del movimento internazionale ed operaio dopo il crollo dell’Urss». È un riconoscimento non formale. Se questa polemica ha un significato politico, questo consiste nel fatto che il Kke, (5,3% alle ultime elezioni) ha effettivamente svolto un ruolo di primo piano nell’aggregare e sostenere vari partiti comunisti in Europa e oltre. In Italia collaborava prima con il Partito Comunista di Marco Rizzo, la cui organizzazione giovanile Fgc fuoriuscita dal partito, appare tra i firmatari del documento internazionale.

Anche tale testo di condanna dei 42 partiti è stata opera dei comunisti greci, aiutati dai PC turco e messicano e dal Partido del Trabajo spagnolo. Ora che la guerra ha collocato i pilastri del comunismo postsovietico su posizioni diametralmente opposte il tentativo di ripresa deve superare un altro grande ostacolo.

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