Secondo i dati della Banca mondiale, oltre il 60% dei 216 milioni di abitanti che fanno della Nigeria il paese più popoloso dell’Africa ha un’età compresa tra i 14 e i 30 anni. È una delle popolazioni più giovani al mondo, ma questi numeri finora non si erano mai tradotti in una partecipazione attiva alla vita politica delle nuove generazioni.

Con le elezioni presidenziali del 2023 dietro l’angolo, però, i giovani nigeriani si preparano a reclamare i propri diritti da una classe politica che ha usurpato il potere fin dall’indipendenza del 1960, che li ha emarginati dalla politica e ha negato loro l’ accesso alle risorse economiche del Paese.

Qualcosa è cambiato per sempre nell’ottobre 2020, quando decine di migliaia di giovani nigeriani sono scesi in piazza contro il malgoverno e la brutalità della polizia. Sotto l’hashtag #EndSars, l’ondata di proteste e il movimento che l’ha prodotta nascono dalla diffusione virale di un video che mostra l’uccisione arbitraria di un uomo da parte di alcuni poliziotti appartenenti appunto alla Sars (Special Anti-Robbery Squad).

QUESTA UNITÀ DELLE FORZE di polizia nigeriane, creata alla fine del 1992 per occuparsi di rapine, furti di autoveicoli, rapimenti e armi da fuoco, è stata spesso associata a casi di esecuzioni extragiudiziali, sparizioni forzate, estorsioni e torture. Bersagli prediletti giovani per lo più maschi, profilati in base a scelte di moda, se hanno tatuaggi e acconciature, se sembrano ricchi, omosessuali ecc..

Le mobilitazioni hanno alla fine convinto il governo a smantellare la “squadra speciale”, ma le proteste sono proseguite contro la corruzione, per il diritto all’istruzione e al lavoro. Finché il 20 ottobre 2020 l’esercito nigeriano ha aperto il fuoco contro una protesta pacifica a Lekki, nello stato di Lagos (sud-ovest della Nigeria), provocando quello che è passato alla storia come il massacro di Lekki Toll Gate: almeno 12 i morti, secondo le indagini di Amnesty International, che dall’inizio delle proteste ha calcolato in circa una sessantina il numero di vittime della repressione.

I giovani nigeriani hanno continuato a chiedere giustizia per le vittime e uno stop alla violenza della polizia. E dalla protesta di #EndSars, l’attivismo digitale che caratterizza questo movimento è stato travasato nella Generazione “Soro Sókè” («parlare a voce alta» in lingua yoruba), che ha fatto irruzione nella campagna elettorale mobilitando anche molte celebrità nigeriane dello spettacolo e della cultura, in piazza e sui social, per incoraggiare i nigeriani a procurarsi la loro tessera elettorale. Secondo i dati della Commissione elettorale nazionale Indipendente (Inec), circa l’80% dei nuovi iscritti nelle liste elettorali sono giovani: una cosa che non era mai accaduta prima.

TRA I CANDIDATI alla presidenza e alla successione di Muhammadu Buhari ce n’è uno in particolare che sta conquistando il cuore di tanti giovani nigeriani, forte anche di un’enorme popolarità acquisita attraverso i social media, grazie anche ai suoi successi politici e ai cambiamenti infrastrutturali implementati durante il suo mandato come governatore dello Stato di Anambra (nel sud-est della Nigeria): Peter Obi, del nuovo Partito laburista (Lp), da questo punto di vista dispone della credibilità che sembra mancare agli altri candidati, l’ex vice Presidente Atiku Abubakar del People’s Democratic party (Pdp) e l’ex governatore del Lagos State, Ahmed Bola Tinubu del partito di governo All Progressive Congress (Apc), che hanno dominato la politica del Paese per decenni.

Peter Obi è visto come una speranza per il futuro e una boccata d’aria fresca, tanto che la sua ascesa è stata descritta dagli analisti politici nigeriani come “Obi momentum”, o “tsunami” creato dalla rabbia popolare e dalla mancanza di fiducia nell’attuale governance.