Oltre 26mila le vittime, la Gran Bretagna verso il triste primato europeo
Coronavirus Fino a qualche giorno fa i dati non includevano le vittime nelle case di riposo, alcune delle quali sono diventate dei focolai
Coronavirus Fino a qualche giorno fa i dati non includevano le vittime nelle case di riposo, alcune delle quali sono diventate dei focolai
La Gran Bretagna sembra lanciata verso il lugubre primato europeo delle vittime da Covid-19, che con i 674 decessi di ieri avevano raggiunto quota 26,711. Il paese paga lo scotto dalla spavalderia del suo miracolato primo ministro, che questa stessa spavalderia stava a sua volta per pagare con la vita. Poi, com’è noto, Boris Johnson si è fortunatamente alzato dalla terapia intensiva e come Lazzaro è tornato – anche se non a piedi – a Downing Street dopo cinque settimane di assenza: giusto in tempo per diventare padre – secondo stime ufficiali – per la quinta volta e iniettare nel paese prostrato una flebo di fecondo ottimismo.
Nella conferenza stampa di ieri, la prima da redivivo, attorniato dai due frontman medici dei primi giorni, Chris Witty e Patrick Vallance, Johnson ha ancora una volta ringraziato il personale medico e tutta la sanità pubblica, per annunciare che il picco è stato superato e che il paese era «in discesa». Sufficientemente rinvigorito dopo la serie d’immagini fotografiche preoccupanti dei giorni scorsi, ha poi annunciato che la prossima settimana presenterà un piano “complessivo” per la riapertura delle scuole e la rimessa in moto dell’economia nazionale.
Ma ha invitato il paese a non abbassare la guardia e a non cadere preda della fretta di ritornare al business as usual: una seconda ondata di contagi colpirebbe quasi di sicuro e ancor più duramente. Il valore chiave, al momento, è il cosiddetto fattore R0, che indica la contagiosità del virus, sceso da quattro dei mesi scorsi ad appena sotto l’uno.
Le cifre ufficiali sulle perdite di vite umane sono certamente ottimistiche; fino a qualche giorno fa non includevano nemmeno quelle nelle case di riposo, alcune delle quali sono diventate dei focolai. Si sospetta che possano essere oltre trentamila. C’è poi la mancata promessa dei tamponi: il ministro della sanità Hancock aveva promesso centomila test entro la fine di aprile, una sparata ovviamente non mantenuta. Ne sono stati fatti 80mila anche grazie alla mobilitazione dell’esercito. Non sono comunque affatto sufficienti alla bisogna.
Quanto sembra lontana l’ormai famigerata immunità di gregge. Al momento il paese è stretto nel suo sforzo resistenziale al virus e lo zigzagare fra morte e paternità del suo leader motivo di grande solidarietà e condivisione. Tali da far passare i ritardi gravi della risposta sanitaria di questo governo al virus, quelle due settimane perdute dietro a “pareri scientifici” campati in aria, in cavalleria. Ma una volta chetatesi le acque di questa tragedia, il vento potrebbe cambiare. Secondo un sondaggio, due terzi dell’opinione pubblica ritiene che il governo abbia imposto il lockdown tropo tardi. E ci sono pressanti domande sulla composizione del comitato Sage, (Scientific Advisory Group for Emergencies) il consesso di medici del cui consiglio si è avvalso il governo nella propria strategia di risposta al contagio.
Non del tutto sorprendentemente, il gelido tocco del tristo mietitore, oltre a cancellare l’aria da buontempone, ha sbattuto in faccia a Johnson l’importanza del settore pubblico. Ma resta da vedere se questo ravvedimento basterà a fargli perdonare la leggerezza del suo atteggiamento iniziale, equivalso a poco più di un’alzata di spalle. Il paese deve rifugiarsi nell’ex-capitano dell’esercito centenario che ha raccolto in beneficienza per la sanità una frazione dei soldi che il partito di governo gli aveva tagliato negli anni: una storia di cui si stenta a cogliere la sfumatura un po’ grottesca. E poi c’è chi ha il coraggio di considerare gli anziani improduttivi.
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