Olimpiadi, l’Iba rilancia ma ha le armi spuntate
La polemica Reticenze e offese sulle pugili Lin e Khelif dall’Associazione, che convoca la stampa: «È Roma che ha sollevato il caso»
La polemica Reticenze e offese sulle pugili Lin e Khelif dall’Associazione, che convoca la stampa: «È Roma che ha sollevato il caso»
Oltre a una medaglia (almeno) di bronzo, Imane Khelif sta conquistando con la sua boxe anche il rispetto delle atlete che incontra. Oggi sarà il turno della tailandese Janjaem Suwannapheng che non ha cercato alibi alla vigilia: «Saremo alla pari, siamo entrambe umane e abbiamo due pugni». La taiwanese Lin Yu Ting è altrettanto vincente ma meno fortunata: l’avversaria bulgara Svetlana Kamenova Staneva sconfitta domenica nei quarti di finale a fine match ha polemicamente incrociato gli indici a forma di «x» per alludere alla falsa identità di genere della vincitrice. Anche Ting ha già la medaglia in tasca, resta solo da stabilirne il colore.
A RIATTIZZARE LA POLEMICA sulla loro partecipazione ci ha pensato la International Boxing Association (Iba), la discussa federazione pugilistica guidata dal russo Umar Kremlev e non riconosciuta dal Cio, che nel 2023 aveva squalificato le due pugili ai campionati mondiali di Nuova Dehli. Con una tempistica scelta con cura, ieri a Parigi sono sbarcati i massimi dirigenti dell’Iba per tenere una provocatoria conferenza stampa nel bel mezzo della settimana clou dei Giochi. A parole nessun intento polemico: «Siamo venuti a dare spiegazioni in quanto l’Italia ha sollevato il caso dopo il match di Angela Carini» esordisce Chris Roberts, attuale direttore della Iba con un opaco passato nell’esercito di Sua Maestà: secondo una commissione d’inchiesta del parlamento britannico, fu uno dei responsabili della morte del detenuto iracheno Baha Mousa e di altri abusi commessi dai militari inglesi a Bassora nel 2003 durante la guerra a Saddam Hussein.
«NON CI SONO INTENZIONI discriminatorie: le due atlete sono state fermate solo per proteggere le avversarie da un rischio eccessivo, che può arrivare alla morte» assicura il messinese Gabriele Martelli, ex boxer e capo coach della Iba. Ma se l’obiettivo era chiarire le ragioni dell’esclusione delle due atlete, finora chiacchierate solo per l’aspetto fisico, l’occasione è stata sprecata. «Non possiamo divulgare il risultato degli esami che sono stati effettuati per ragioni di privacy» si difende Roberts. Però Ioannis Filippatos, ginecologo e presidente della European Boxing Federation affiliata alla Iba, cita un «test sui cromosomi» e i «livelli eccessivi di testosterone» riscontrati nel sangue di Khelif e Lin. «Ho fatto nascere migliaia di bambini, so che si possono cambiare i nomi sul passaporto ma non si può cambiare la natura». Peccato che nemmeno gli esami genetici siano così probanti.
AD ATLANTA ‘96 il Cio ne effettuò 3mila, scoprendo 8 atlete con il cromosoma maschile xy: furono tutte autorizzate a gareggiare lo stesso perché si trattava di falsi positivi e il test fu abbandonato nel 1999. Anche il valore del testosterone richiesto da molte federazioni finora non è servito a smascherare con certezza uomini infiltrati tra le donne: alti livelli ormonali naturali si rilevano in donne perfettamente identificate come tali e spesso non portano alcun vantaggio. Per questo ieri anche il portavoce del Cio Mark Adams ha definito «illegittimi» i test e il modo in cui vengono condotti.
PRESENTE solo in teleconferenza anche il grande capo Kremlev, apparso tra icone e altre immagini sacre: «Ho definito il presidente del Cio Thomas Bach il capo dei sodomiti perché ha offeso la cristianità» rivendica. Poi rilancia la fake news che ha riscosso tanto successo nella destra italiana e solo lì: «Queste atlete potrebbero essere transgender. Sta a loro dimostrare con certificati ed esami approfonditi di essere nate donne». Poi ha rassicurato: «Non abbiamo controllato cosa ci sia tra le gambe». Tutto materiale per Retequattro.
LE RETICENZE hanno superato le rivelazioni. Roberts non ha voluto dire quanti soldi il colosso energetico russo Gazprom versi annualmente alla Iba. Nebbia fitta anche sul ritardo con cui la Iba è intervenuta, visto che il primo test fallito da Khelif e Lin risalirebbe al campionato mondiale di Instanbul del 2022: se è vero che le atlete rischiano la vita non c’era motivo di attendere così tanto. Nessuno ha spiegato nemmeno perché in Turchia gli esami genetici abbiano riguardato solo 4 pugili (Khelif, Lin e altre due atlete risultate «regolari»). Ha contato la geopolitica, visto che una di loro viene da Taiwan? Kremlev: «Impossibile: Taiwan è parte della Cina, il mio Paese preferito». Più chiaro di così.
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